Lotito, bufera sulla frase rubata Per la Frank cori e saluti romani

Il presidente della Lazio: «E famo 'sta sceneggiata...» A Roma e Bologna fischiata la lettura del «Diario»

«Er vice rabbino ci sarà? Solo il rabbino c'è? Non valgono un ca... questi. Tu hai capito come stamo? A New York er rabbino, er vice rabbino... Famo 'sta sceneggiata. Te rendi conto?». Sono parole rubate a Claudio Lotito lunedì sera, quando il presidente della Lazio era sull'aereo per Roma alla vigilia della visita riparatrice presso il Tempio Maggiore. A riportarle è stato Il Messaggero e ovviamente hanno aggiunto benzina sul fuoco di un caso, quello degli adesivi antisemiti affissi dagli ultras laziali domenica sera sulle vetrate della curva sud dell'Olimpico, che a distanza di più di 48 ore non accenna a placarsi.

Lotito si è affrettato a smentire queste frasi, che però sono immortalate in una registrazione audio e ieri hanno fatto il giro del web. «La notizia è totalmente falsa - si è difeso alla trasmissione Agorà di Rai 3 -, perché io ho dormito tutto il tempo e al mio fianco avevo un parlamentare del Pd che può testimoniarlo. Che il rabbino stesse a New York l'ho saputo martedì e la corona di fiori è stata fatta in mattinata. Sono cose costruite e io sono contro ogni strumentalizzazione, ho già proposto un'azione per il risarcimento dei danni».

Il deputato era Dario Ginefra che in effetti ha poi confermato di non aver ascoltato la frase «facciamo questa sceneggiata» ma solo i frenetici tentativi di mettersi in contatto col rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni: «Lotito è un uomo che per ragioni politiche e sportive è quanto di più distante da me - ha detto - ma quel che è giusto è giusto». In difesa del collega laziale è intervenuto anche Andrea Agnelli spiegando che «i tifosi nessuno se li sceglie, siamo tutti solidali con lui», eppure tutto ciò non è bastato a ricucire con la comunità ebraica.

«Non siamo una lavatrice né un luogo dove si presenta un omaggio floreale e si risolve tutto - ha puntualizzato Di Segni -, non si può pensare di aggiustare le cose facendo un'apparizione davanti a una marea di giornalisti. Servono iniziative concrete, anche repressive. La risposta istituzionale è stata di alto livello a cominciare da quella del presidente Mattarella, ma c'è stanchezza e insoddisfazione nella nostra comunità per queste apparizioni che potrebbero sembrare risolutorie».

Più che stanchezza sembra esserci rabbia, se è vero che ieri mattina la corona di fiori portata dalla delegazione laziale in sinagoga è finita sulle sponde del Tevere. A buttarcela sarebbero stati alcuni ragazzi della comunità ebraica offesi dal «fuorionda» di Lotito. Insomma una figuraccia dietro l'altra, ma soprattutto una diffidenza reciproca rispetto all'altrui buonafede che impedisce il dialogo. E per la Lazio un ulteriore danno di immagine: dopo la tifoseria, ciclicamente messa in imbarazzo dalle «prodezze» degli ultras, ora la tempesta ha investito anche la dirigenza. Così scollarsi di dosso l'etichetta di club fascista e razzista, un marchio d'infamia che da anni perseguita la maggioranza sana dei suoi tifosi, sarà sempre più difficile.

«È stata una cavolata di qualche cane sciolto», ha ammesso ieri Fabrizio Piscitelli (in arte Diabolik), leader degli Irriducibili, ritrattando in parte il «non ci scusiamo di ciò che non abbiamo commesso» con cui il gruppo aveva commentato martedì prima di rinunciare alla trasferta di Bologna «per non essere complici del teatrino mediatico».

Ieri sera però a Bologna i tifosi della Lazio presenti hanno intonato in ogni caso canti fascisti, ma non solo. AllOlimpico la lettura dei brani del Diario è stata coperta daio cori per la Roma mentre a Torino parte della Curva Sud ha intonato linno di Mameli durante il raccoglimento.

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