Marino sindaco dimezzato ma il Pd difende la Panda

Roma, sfiducia di Ncd e Movimento 5 Stelle sul caso multe. I democratici costretti a sostenerlo per non aprire la crisi: «Però venga a riferire in Aula»

Marino sindaco dimezzato ma il Pd difende la Panda

U n uomo solo al comando della più grande città italiana. Un uomo che appare scollegato dalla realtà, in preda a una paranoia istituzionale che lo isola dal resto e lo porta a non fidarsi di un partito, il Pd, che lo difende più per convenzione che per convinzione. Un uomo che, mentre Roma si interroga su di lui e la politica lo mette sotto accusa, vola a Londra per un fondamentale convegno sulle infrastrutture urbane. L'uomo solo è, naturalmente, Ignazio Marino, Forrest Gump del Campidoglio.

Marino è il convitato di pietra del giovedì dell'assemblea capitolina. Qui planano due diverse mozioni di sfiducia presentate l'una dall'Ncd sulla vicenda delle multe non pagate dalla ormai mitologica Panda rossa e l'altra dal Movimento 5 Stelle, che rifiuta però di accodarsi agli alfaniani sul Pandagate e alza il tiro, mettendo sotto impeachment Marino a cagione delle «inadeguatezze di un indirizzo politico che non produce risultati per la città». I grillini fanno anche un po' di teatro, arrivando con un'enorme chiave di cartapesta «per riaprire alla città le porte del Campidoglio».

A questo punto affiora anche il disagio del Pd, partito che ha le blue chips della maggioranza-Marino ma che da questi è diviso da un muro di diffidenza da lettino dello psicanalista. Il chirurgo genovese, infatti, preferisce fare sempre di testa sua, dando retta al suo cerchio magico (ma ora un paio di poltrone ballano, tra cui quella del capo di gabinetto Luigi Fucito) senza affidarsi all'esperienza dei più navigati tra i dem. Gente come Silvio Di Francia, vecchio bucaniere del Campidoglio, cavallo nel motore delle giunte Veltroni, emarginato nella remunerativa scatola vuota della delega ai «diritti fondamentali», qualunque cosa essi siano: 70mila euro l'anno senza neppure il fastidio di dare al sindaco qualche buon consiglio. Che avrebbe probabilmente evitato a Marino goffi scivoloni come il video postato online nel quale il barbuto primo cittadino farnetica di hackeraggi a suo danno sul sito del Comune che poi sia il senatore dell'Ncd Andrea Augello sia la trasmissione tv Le Iene hanno dimostrato essere inesistenti.

Il Pd nicchia, non vuole azzoppare Marino dando inizio a una crisi-Roma che chissà come finirebbe. Ma non vuole nemmeno sembrare complice di un uomo quasi indifendibile. Per cui vuole che sia lui a metterci la faccia. Così il consigliere dem Fabrizio Panecaldo chiede che Marino «venga a riferire in Aula» su una vicenda in cui «alcune cose sono chiare e altre no». La richiesta è accolta dagli applausi delle opposizioni, il presidente dell'assemblea Mirko Coratti contatta Marino a Londra e questi si dice disposto a presentarsi in Aula Giulio Cesare anche dopo mezzanotte, non appena atterrato a Roma. Lo spettro di un lugubre processo notturno.

Marino vola, Roma brucia. Il Pandagate rappresenta solo una sottostoria comica di un film ben più drammatico che si gira a Roma ogni giorno. Le periferie disagiate soffrono e a volte (vedi Tor Sapienza) esplodono, la minaccia terroristica è un file sempre sul desktop della Capitale, l'Atac, l'azienda dei trasporti, è sull'orlo del fallimento e chissà fino a quando riuscirà a garantire il servizio ma nel frattempo il trasporto privato viene vessato e demonizzato con tariffe per la sosta da salasso. La città finisce bloccata per un giorno per un allarme maltempo fin troppo ansiogeno. Perfino l'inaugurazione del primo tronco della linea C da festa si trasfigura in gag e il primo convoglio con a bordo il sindaco col biglietto timbrato bene in vista si ferma nel nulla.

Poi il servizio torna normale, ma nella prima settimana di esercizio la linea Pantano-Centocelle fa numeri risibili, trasportando un numero di passeggeri da bus di provincia e non da ferrovia sotterranea urbana. Fermate Roma, qualcuno deve scendere.

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