La recente visita del presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani in Niger, paese-cardine del processo migratorio, ha messo in luce come un'avveduta politica di contrasto da parte dell'Ue possa ridurre all'origine il fenomeno. «Introducendo un sostegno finanziario e un solido partenariato - ha spiegato Tajani - la Ue ha permesso al Niger di ridurre di più del 95% i flussi migratori verso la Libia e l'Europa. Nel 2016, circa 330mila persone hanno attraversato il Niger per arrivare in Europa attraverso la Libia. Nel 2017, erano scesi a meno di 18mila e, quest'anno, a circa diecimila. Dobbiamo sostenere il Niger in questa azione e fornire al Paese tutto l'aiuto necessario in modo di favorire lo sviluppo economico, commerciale e tecnologico». Per questo Tajani ha assicurato l'arrivo di un ulteriore contributo straordinario di 500 milioni di euro.
La sfida lanciata dalla Ue, attraverso il presidente Tajani, è quella di poter estendere il «modello-Niger» ad altri paesi, magari approfittando della revisione degli accordi di Cotonou conclusi nel 2000 tra gli stati membri della Ue e i paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP).
«Fermare del tutto la migrazione non si può», è l'amara considerazione di Tajani rilevando la gravità della crisi umanitaria che permane nella regione, di cui il Niger resta un po' il «cuore», visto che a sua volta accoglie decine di migliaia di sfollati sia da Nord, dalla Libia martoriata nella guerra tra le tribù, sia dagli altri confini «caldi», a Ovest e Sud: Mali e Nigeria.
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