«Terzo giorno a bordo di Open Arms, la temperatura è rovente sul ponte. La paura di essere riportati in Libia si placa. Ci affidano le loro storie terribili, molte provenienti dall'inferno del Darfur e dagli abusi ripetuti della Libia. Ancora nessun porto di destinazione». È il testo dell'ultimo tweet lanciato ieri mattina dalla nave della Ong spagnola, che giovedì ha soccorso 87 migranti (tra cui 8 minori) su un gommone alla deriva al largo della Libia. Ci avevano trascorso 50 ore, senza acqua a bordo. Molti presentano scottature causate dalla combinazione di carburante e acqua di mare, alcuni si erano lanciati in mare l'arrivo dei soccorritori per timore di essere riportati in Libia.
Dal momento del salvataggio, la nave della ong ha continuato a pattugliare la Libia in attesa di indicazioni sul porto in cui sbarcare. «Ovunque ma non in Italia», li aveva messi in guardia il ministro dell'Interno Matteo Salvini. Durante le ultime operazioni di salvataggio Open Arms aveva portato i migranti in Spagna, che in questo momento è il Paese più disponibile ad accoglierli.
Anche in questo caso la Ong ha fatto sapere di aver contattato il governo di Madrid avviando i protocolli per richiedere un'autorizzazione che consenta loro di attraccare in alcuni porti del paese. Ma per il momento nulla si è ancora mosso, e oggi per gli 87 a bordo sarà il sesto giorno in mezzo al mare.
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