M atteo Renzi avanti marsch , Matteo Renzi dietrofront, Matteo Renzi ri-po-so. Un pizzico di generale Stranamore e molto colonnello Buttiglione (stavolta Rocco non c'entra) nel governo spiazzato dal succedersi degli avvenimenti libici che sente finalmente il dovere di recuperare terreno e oggi riferirà alla Camera - ma solo in virtù di una pressante richiesta della Lega. Fa testo la rocambolesca, approssimativa e un po' grottesca fuga del nostro ambasciatore Buccino, assieme agli attaché d'ambasciata, a bordo di un catamarano maltese.
Si racconta che nel retrobottega del repentino contrordine sull'intervento di nostri soldati in Libia ci sia l'ombra di Romano Prodi, già inviato Onu per il Sahel e grande conoscitore di tutti i protagonisti che gravitano sulla pentola in ebollizione. E il premier, di fronte all'approssimazione dei suoi ministri e al personale dilettantesco dibattersi, si sarebbe infine deciso al gran consulto con Romano. Recependo la necessità di meglio registrare la posizione italiana, così com'era stata espressa dai ministri di Difesa ed Esteri.
Ma senza andare troppo in là con i retroscena e con il ruolo dell'ex premier ed ex presidente Ue, propostosi come mediatore, è chiaro che la delicatezza della situazione ha imposto a Renzi una vigorosa frenata, peraltro ispirata da considerazioni di convenienza interna. Uno sbilanciamento eccessivo verso l'intervento, oltre a esporre l'Italia in prima linea sul fronte delle ritorsioni e degli attentati, avrebbe creato ulteriori problemi al governo, considerata la tempestiva mossa di Berlusconi a proposito di una convergenza nazionale delle opposizioni, e anche l'esigenza di non inimicarsi l'ampio fronte pacifista sia all'interno del Pd che in settori, tipo Sel, che la maggioranza non dispera di recuperare. Non casuale il plauso di Vendola «agghiacciato dall'ascolto di insensate parole di guerra» al «Renzi che ora mette ordine».
Così prima in modo informale, poi in un'intervista al Tg5 e infine nell'assemblea del Pd, il segretario ha messo ordine tra la gerarchia delle priorità. «Non è il momento dell'intervento militare - ha spiegato - verificheremo se ci sarà la guida dell'Onu, che è meglio. Vedremo che fare quando sarà il momento, trovo però un fatto molto importante che un Paese nella politica estera non litighi». Renzi ha ringraziato in particolare la disponibilità al dialogo manifestata da Berlusconi. Ma si è molto soffermato sulla necessità di «avere buonsenso e saggezza: quando sento o interveniamo o ci sono attentati vorrei dire che gli attentati in Ue sono di figli di cittadini europei... Non voglio sottovalutare i problemi in Libia o in Siria, ma che la realtà è più complessa dei nostri slogan. Non si può passare dall'indifferenza all'isteria». Così come per Renzi va combattuto «quel luogo comune che monta per cui l'Europa non sarebbe casa degli ebrei: l'Europa è casa degli ebrei e di tutte le persone libere. Faremo di tutto per garantire la sicurezza delle persone».
L'impegno dell'Italia a «non tirarsi indietro di fronte alle responsabilità, a non girare la testa dall'altra parte», resta però chiacchiera senza iniziativa. Poggerà sull'Onu, quando deciderà di muoversi (ovvero quando lo decideranno i Grandi). «La proposta è di aspettare che il Consiglio Onu lavori un po' più convintamente sulla Libia», ha detto Renzi. «Da tre anni la situazione è fuori controllo, lo abbiamo detto in tutte le sedi e continueremo a farlo: se la comunità internazionale vuole, ha tutti gli strumenti per intervenire». Anche perché la «preoccupazione» non fa dimenticare che «in Libia non c'è un'invasione da parte dello Stato islamico, bensì alcune milizie che già agivano in Libia hanno iniziato a fare riferimento all'Isis». Tutto qui? Sì, tutto qui: minimizzare, sopire, attendere. Il peso dell'Italietta è quel che è. La guerra continua.
Serve diplomazia last minute: coinvolgiamo
i Paesi di confine
È urgente che la diplomazia corra
Tutti i moderati intorno a un tavolo
di Roberto Scafuri
Roma
È ora di aprire
gli occhi, in Libia
si deve intervenire subito con la forza
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