«D ecido io chi, come e quando». La politica del governo Renzi in materia di telecomunicazioni (ma anche di industria in senso più ampio) si può sintetizzare benissimo in questo modo. Non si tratta di sostenere cordate, amici e amici degli amici, ma di stabilire un principio inequivocabile e inderogabile: senza il consenso preventivo di Palazzo Chigi non si va da nessuna parte. La posizione dell'esecutivo influenzerà l'evolversi del risiko delle tlc, ma non nel senso di una sponsorizzazione diretta sul modello D'Alema con i «capitani coraggiosi» del 1999, bensì con uno sguardo dall'alto.
Lo dimostrano chiaramente le parole del consigliere economico di Palazzo Chigi, Yoram Gutgeld, pubblicate ieri dal Foglio . Uno «statalismo creativo» che prevede un intervento a tutto campo. L'esempio della banda larga è emblematico ed evocativo. Il piano di investimenti di Telecom, ha sottolineato, si basa su una «tecnologia meno costosa» ( Fttc che porta la fibra nelle cabine fuori dai palazzi; ndr), ma con velocità di trasmissione «inferiore a quella offerta con la fibra a casa». Ecco perché «servono» i 6 miliardi di incentivi pubblici fino al 2020 per sviluppare il broadband . Sei miliardi da sommarsi a quelli degli operatori.
Eppure il piano di Telecom Italia garantisce nel periodo 2014-2020 la stessa cifra messa in campo dallo Stato. Dunque, perché questo intervento a gamba tesa? E perché deve essere il governo a sindacare sulla validità di un progetto? Cassa Depositi e Prestiti, controllata a maggioranza dal ministero dell'Economia, potrebbe essere coinvolta in questa serie di investimenti, potrebbe diventare un partner decisivo per la rete sia quella nuova sia quella «vecchia» in rame che il governo voleva spegnere per decreto. Ecco, quindi, che in un momento di transizione nel mercato globale delle tlc lo Stato si fa avanti discretamente. Vivendi o altri gruppi esteri sono interessati all'Italia e a Telecom? C'è una soluzione interna e «governativa» già pronta! Chi criticherebbe mai la salvaguardia dell'italianità se l'esecutivo è «presentabile» e di sinistra?
Il governo deve sapere. Il governo non può essere tenuto all'oscuro. L'offerta di Ei Towers del gruppo Mediaset sulle torri di trasmissione di Rai Way lo aveva colto di sorpresa. Tutto bloccato. E così sono tutti avvisati: anche gli investitori che volessero avvicinarsi a Inwit, le torri di trasmissione che saranno scorporate dall'ex monopolista tlc. Un produttore di contenuti vuole stringere un'alleanza con un operatore? Si prega cortesemente di informare Renzi & C. E non vale solo per Cologno Monzese, ma anche per Sky, FastWeb, Vodafone e tutti quanti. A essere maliziosi, verrebbe da pensare che anche Tre Italia e Wind, che da una decina d'anni pensano a un matrimonio e poi puntualmente lo rinviano, una benedizione da Piazza Colonna forse dovrebbero andare a chiederla.
A essere maliziosi, verrebbe da pensare che se al premier e al suo «giglio magico» scattano i cinque minuti, potrebbe partire un piano di riallocazione delle frequenze per garantire lo sviluppo della banda ultralarga in mobilità, cioè il 4G, anche in anticipo rispetto alla tabella dell'Ue che ha come orizzonte il 2030. Così giusto per far capire a broadcaster e operatori chi è che comanda. Che è un po' il medesimo principio adottato con la riforma delle Popolari che da cooperative dovranno diventare spa. Va bene l'apertura ai fondi di investimento, va bene la necessità di garantirsi in autonomia le riserve patrimoniali, ma quello «scossone» ai potentati locali restii a piegarsi al nuovo corso non è affatto una subordinata rispetto alle esigenze del mercato, anzi.
Bastava guardare al progetto di riforma della Rai che mira a riportarne i fili di comando a Palazzo Chigi. «Ci sono le sentenze della Corte Costituzionale: le prerogative del Parlamento non si possono calpestare», avverte l'ex ministro Maurizio Gasparri. Che ha capito l'antifona.
di Gian Maria De Francesco
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