L'hotel di Rigopiano, spazzato via dalla valanga o sepolto nell'orrore, fa pensare a Biancaneve: la più orribile delle Biancaneve segregate per malizia di natura e uomini nell'agghiacciante bosco. Una Biancaneve di ghiaccio alla quale hanno fracassato il cranio e che nella sua pancia fino a giovedì, poteva avere oltre trenta morti. Nella mente mi si è stampato il numero 33: gli anni di Cristo sulla croce. Perché quel luogo, Rigopiano, se non diverrà un santuario religioso si trasformerà, nella nostra memoria, in santuario laico.
Non sarà visitato ma resterà nel tempo come altri santuari laici dove, appunto, nessun pellegrino vi si recherà, alla stregua di Assisi, di San Giovanni Rotondo, di Lourdes, di Fatima, della vicina Loreto, Santa Rita a Cascia, e che però entrerà nell'enclave delle tragedie italiane. Dei santuari delle tragedie italiane.
Rigopiano, nel cuore esatto dello stivale, emergerà quanto la sciagura della diga del Vajont. Per natura matrigna e stupidità umana un gigantesco masso, staccatosi dalla montagna bellunese, il 9 ottobre del 1963, franò nell'invaso e da qui sparirono, come nei film apocalittici dove l'astronave degli alieni in trenta secondi stermina venti metropoli occidentali e orientali, le città di Longarone e Castellavazzo (1910 vittime). E così l'alluvione di Firenze. Con l'Arno, gentile fiume etrusco, trasformatosi in vomito di feci e fango che brutalizzò la città dei Medici. E così per gli altri terremoti: Napoli, Friuli, Irpinia. E così quando in Puglia, il 12 di luglio dell'anno scorso, si scontrarono due treni che viaggiavano in direzione opposta, su un unico binario, tratta Andria-Corato: 23 morti. Tutte queste tragedie comporranno la mappa dei santuari laici, lasciando dietro di sé una scia di polemiche, accuse, rancori. E si ricorderanno ogni volta che un nuovo accadimento tragico e luttuoso aprirà la porta della cronaca.
L'hotel di Rigopiano, con tutte quelle tonnellate di neve mi ha riportato all'ultima Italia in bianco e nero, quella del 1981, un anno prima del Mundial vinto a colori. L'Italia tutta a guardare, per tre giorni consecutivi, l'agonia di un bambino, Alfredo Rampi (universalmente Alfredino), caduto in un pozzo a Vermicino, sull'Anagnina. Sembrava un set di Pasolini. Ogni giorno si recava sul posto il presidente Sandro Pertini. Cercava di scambiare qualche parola con il bimbo. La madre di Alfredino parlava con il figlio per tenerlo sveglio, mentre chi aveva un'idea per salvarlo la suggeriva al caporale e questi cercava di metterla in atto. Si usarono bastoni, corde, nani del circo che ci calarono per afferrare le mani del bambino. Ma niente. Alfredo morì nel fondo di un buco di tarantola. Eppure tra Vermicino e Rigopiano c'è una linea che non si spezza.
Tra gli antichi santuari religiosi, quello di Santa Rita da Cascia era quasi dimenticato. Santa Rita si dice che sia avvocata dei casi più disperati, appunto: delle cause impossibili. Dunque è bene rivolgersi a Lei per il futuro dell'Italia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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