Una standing ovation dei deputati Pd per un grillino non si era mai vista.
E invece ieri, quando il cittadino Tommaso Currò, parlamentare Cinque Stelle dell'ala «critica», si è alzato in aula per annunciare il proprio addio al Movimento e il proprio voto a favore di Matteo Renzi (erano in discussione le comunicazioni del governo sul Semestre di presidenza Ue) nei banchi dei democrat si sono levati in piedi come un sol uomo ad applaudirlo. Tra le facce spiazzate e allibite dei grillini in servizio permanente effettivo, che evidentemente non se la aspettavano.
Chi se l'aspettava, invece, era il premier, avvertito sin dalla sera prima che il segnale sarebbe arrivato da chi, nel gruppo Pd, tiene i rapporti diplomatici con i sempre più numerosi malpancisti grillini. E infatti il premier, in aula, lancia l'amo: «Non vi hanno eletto per farvi urlare e insultare in Parlamento, ve lo dico col cuore in mano», dice rivolto ai banchi penstastellati, dove i grillini iniziano subito a rumoreggiare, «Noi abbiamo bisogno anche di voi, perché il Parlamento non può vedere buttata via la forza di un partito in una discussione sterile e nella compilazione di liste di proscrizione che non vi portano da nessuna parte. Non siete più a discutere nei MeetUp, siete nelle istituzioni». I grillini abboccano, e iniziano ad ululare. Di lì a poco, si alza in piedi Currò, visibilmente emozionato («Ho rischiato un malore», confiderà poi) e pronuncia una dura requisitoria contro il Movimento che sta lasciando: «Con il 25 per cento dei consensi dovevamo contribuire a risolvere i problemi del Paese. Invece abbiamo solo giocato alla delegittimazione e alla distruzione, senza alcuna forma di rispetto e di responsabilità».
Lo stato maggiore grillino fa subito partire il linciaggio del reprobo, nelle dichiarazioni degli ex colleghi e sulla rete. La bacheca Facebook del parlamentare si riempi di insulti e minacce. Tutto messo in conto, e anche quello servirà ad alimentare la voglia di fuga che si propaga tra le file grilline: i boatos parlamentari parlando di una ventina tra deputati e senatori con un piede fuori dalla porta. «Ho fatto un'apertura ed è stata capita», commenta sornione il premier dopo aver ascoltato in silenzio l'intervento di Currò. «È solo l'inizio, ne vedrete delle belle», assicura un colonnello renziano. Nel Pd, il tentativo di scouting va avanti con prudenza, sottotraccia. I fuoriusciti grillini si accaseranno nel gruppo Misto, ma si coltiva la speranza di riuscire ad organizzare gruppi autonomi. L'esperienza dei mesi scorsi con i «dissidenti» grillini ha dimostrato che metterne d'accordo anche solo due è un'impresa improba, ma il sogno è di riuscire a calamitare quelli potenzialmente più vicini al centrosinistra. Soprattutto al Senato, sarebbe una boccata d'ossigeno per la maggioranza. E la paura di elezioni anticipate, con conseguente perdita del seggio, può fare miracoli.
Di certo ieri, con il caso Currò, Renzi ha incassato un successo politico, e dato un ulteriore colpo all'immagine del grillismo in declino. Un buon inizio per una giornata culminata trionfalmente con l'intervento di Giorgio Napolitano, e il suo potente endorsement al governo e alla sua agenda di riforme, che ha messo all'angolo la fronda interna al Pd. «Un discorso di grande respiro e di grande livello», si è limitato a commentare il premier uscendo dal Quirinale.
Stamane alle otto si presenterà all'assemblea dei senatori Pd, chiamati a serrare i ranghi su Stabilità e legge elettorale, e - con le parole di Napolitano ancora nell'aria - non gli sarà difficile mettere con le spalle al muro la minoranza. In attesa che si apra, nel segreto dell'urna, la partita finale per il Colle.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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