Quel che si muove più velocemente, e in perfetto orario, sono i debiti. Tra le società partecipate locali che perdono di più ci sono loro, le aziende del trasporto locale. Quattro su dieci, quasi una su due, sono in perdita, e che perdite, milioni, decine, centinaia. «Un settore in costante perdita» lo definisce, appunto, Carlo Cottarelli, commissario antisprechi dimissionato anzitempo (a chi dava fastidio?) nel suo «Programma di razionalizzazione delle partecipate», ormai finito in un cassetto a prendere polvere. Un settore caratterizzato da un alto livello di costi per la collettività, bassa qualità dei servizi, scarsi ricavi a fronte di un'enorme spesa pubblica per mantenerli, e - si legge ancora nel dossier dell'ex consulente di Palazzo Chigi - «un significativo eccesso di offerta rispetto alla domanda». In altre parole, aziende pubbliche più utili, spesso, ad impiegare personale.
GLI STIPENDIFICI
I soldi pubblici alle partecipate del trasporto locale vengono letteralmente divorati dagli stipendi. A dirlo è un rapporto di Mediobanca del 2014: «I contributi pubblici per dipendente corrisposti al Tpl (trasporto pubblico locale, ndr) sono stati pari a circa 50mila euro nel 2012, a fronte di un costo del lavoro per dipendente pari a 46mila euro: di fatto il settore opera addebitando integralmente alla parte pubblica il costo del proprio principale fattore produttivo, la forza lavoro». Un mare di soldi pubblici, che però non bastano mai. «Il Tpl appare versare in condizioni di non sostenibilità economica, poiché la sua produttività, pur sostenuta dai contributi, non è sufficiente a ripagare il costo del lavoro».
GIUNTE ROSSE, BUS IN ROSSO
La «Tper-Trasporto Passeggeri per l'Emilia Romagna», dopo un 2012 chiuso con un passivo di oltre 9milioni di perdita, è riuscita nel 2013 a scampare per un soffio un altro rosso, con un misero utile di 200mila euro. Ancora più scarno quello della Amt di Genova, soltanto 83mila euro, spiccioli per un'azienda che dovrebbe rendere come una gallina dalle uova d'oro. «Un sostanziale equilibrio economico - spiega poi la relazione dell'ultimo bilancio - caratterizzato dalla riduzione dei costi e dall'incremento dei contributi del Comune di Genova». Ovvero il bilancio perde meno solo perché il Comune, con i soldi dei genovesi, ha scucito più soldi! Una situazione generalizzata, peraltro.
IL CARROZZONE ATAC
Il caso da manuale (horror) è l'Atac di Roma, l'Alitalia del trasporto locale, la partecipata dei record, nel senso che è quella che perde più soldi d'Italia. Un buco nero che negli ultimi quattro anni ha ingoiato quasi 3 miliardi di euro, buttando al macero 746 milioni di euro. In gran parte costi per pagare l'esercito degli 11.800 dipendenti (550milioni l'anno di stipendi!), molti dei quali parenti tra loro. Molti dirigenti, e pochissimi controllori di biglietti (solo 70), lavoraccio che non gradiscono fare. Stipendi dei manager fino a 250mila euro, e bonus anche quando gli autobus sono fermi. Il 2013 è stato chiuso con una voragine di 200milioni. Un disastro.
I DEBITI DELL'AMTAB DI BARI
La gatta da pelare adesso tocca al neo sindaco Antonio Decaro, che ha già dato l'altolà a promozioni e aumenti di stipendio. Ma è nel periodo di amministrazione dell'ex sindaco Michele Emiliano che il rosso dell'Amtab, la muncipalizzata trasporti di Bari, è cresciuto. A fronte di appena 42mila euro di utile del 2012 si è arrivati quasi al collasso. Motivo? I debiti della controllata, pari a circa 13 milioni di euro, nove milioni dei quali solo con i fornitori. Unica via d'uscita, il rifinanziamento. Cui contribuisce l'Amgas, la municipalizzata barese del gas, che chiudendo in attivo arriva in soccorso con due milioni di euro.
ANM, LA CROCE DI NAPOLI
Tra i mille guai di Napoli c'è il baratro della società dei bus. La nuova Anm, l'azienda che gestisce il trasporto su gomma, nata nel 2013 dalla fusione di Anm, Metronapoli e Napolipark, è in uno stato di crisi profonda. Per capire basta la cifra del rosso di bilancio 2013, circa 20 milioni. Pure tre consiglieri di amministrazione, dipendenti comunali, a settembre hanno gettato la spugna. Sono diminuiti anche i bus in circolazione, passando da circa 580 a 272. E i tagli disposti dalla Regione, che si ripercuotono a cascata sul Comune, non lasciano certo sperare in un futuro roseo.
IL CASO SICILIA
Il problema di Palermo? «Il traffico», diceva Johnny Stecchino-Roberto Benigni. E dopo 25 anni la situazione non è cambiata. Anche perché il disastro dell'Amat, che si occupa dei bus, è sotto gli occhi di tutti. Un 2012 chiuso con meno 9,5 milioni di euro, un parco bus obsoleto, un biglietto - 1,40 centesimi per 90 minuti - tra i più cari rispetto al «non» servizio reso, doveva vedere un po' di luce adesso, con una chiusura in attivo di 800mila euro. Ma invece sarà di nuovo rosso fisso. Dei 41 milioni dovuti dalla Regione, ha denunciato di recente Forza Italia, sono arrivati solo 10,5 milioni.
La Regione siciliana, del resto, non se la passa bene nemmeno con la sua partecipata, l'Ast. A fronte di circa 30 milioni da «mamma Regione», l'azienda presenta un misero attivo di 80mila euro. Che non basta né per gli stipendi dei 1300 dipendenti né per le manutenzioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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