Nel romanzo d'esordio di Alberto Calligaris (Il volo delle anatre a rovescio, Newton Compton, pagg. 280, 8,90 euro), l'etologo Konrad Lorenz è quasi pensionato. Come altri ex giovanotti della sua età, vuol riscoprire i piaceri dell'amore sensuale e si iscrive per questo a un corso di yoga tantrico dalle parti di Civitavecchia. È un Lorenz curioso, questo del Calligaris. Tanto per cominciare abborda praticamente tutte le ragazze del corso, con diverse s'accoppia alla prima uscita (soprattutto la similsacerdotessa, Abhirati, davvero terra delle delizie, come dice il suo nome) fa orari dissennati e soprattutto frequenta Marcus, poliziotto sbrindellato che pare uscito da un filmaccio italiano dei primi anni Settanta. La consuetudine con Marcus non è un vezzo: Lorenz ha infatti il sospetto che, dietro il paravento del corso di yoga, si celi un complotto di terroristi. Il maestro di yoga, il santone, tiene in effetti atteggiamenti non solo di dubbia moralità (notevole la sua predilezione per le orge e ammucchiate di vario genere), ma che lasciano sospetti sul vero senso della sua scuola bislacca. Non è lecito svelare molto altro di una trama piuttosto mirabolante, con un gusto del colpo di scena seriale che ricorda molto quello della slapstick comedy americana.
Calligaris ci mette di suo il piacere dell'iperbole, del grottesco che solo a tratti suona un po forzato (così, per esempio, certi dialoghi fra Konrad Lorenz e Marcus). Molto caratteristico di questo romanzo d'esordio è però il trasporto per la donna. Lorenz, e quindi Calligaris con lui, ama tutte le donne e in quasi ognuna di esse trova una ragione per farne, a diverso titolo, uso. Di taluna sinnamora, o prova un sentimento che all'amore è affine: altre sono palestre per la sua inesausta virilità. Non ci sarebbe niente di strano in un Übermensch siffatto, non fosse che la narrativa italiana dei giovani d'oggi sembra aver dimenticato il peso di una o più donne in un testo narrativo. Eccezioni esistono (di recente: Giuseppe Conte, Piersandro Pallavicini, Tullio Avoledo, Leo Carra), ma sono appunto eccezioni. Altro merito di Alberto Calligaris è il lavoro sulla lingua, che non sembra rientrare nella felice categoria di «ipermedia» coniata dal linguista coetaneo Giuseppe Antonelli.
Calligaris è uno scrittore comico a tutti gli effetti, che ha ben assimilato la lezione di Bachtin e gioca il suo racconto su un registro pantagruelico di buon effetto. Non che l'opera sia esente da mende: intanto è troppo lunga (71 capitoli per quasi 300 pagine), poi sovrabbonda di trovatine e gag. Ma non s'immagina un Calligaris che lavori per sottrazione, laddove il suo stratagemma prediletto è invece l'enumerazione, l'elenco paradossale di cose ed eventi. Se si accetta di giocare questo gioco, Il volo delle anatre a rovescio è un esordio incoraggiante.
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