«Prodi ha sbagliato a non applicare la mia riforma»

Professor Bassanini, è la prima volta che un governo riesce a fermarsi a dodici ministri con portafoglio. Ed è la prima volta che, nove anni dopo, viene applicata in pieno la riforma Bassanini. È soddisfatto?
«Sì, ma non perché io sia convinto che la Bassanini sia la Bibbia. Magari, applicandola, ci si accorgerà che andrà corretta, sulla base dell’esperienza. Ma sono soddisfatto perché quello fu un buon lavoro, fatto con metodo bipartisan e con un’effettiva collaborazione tra maggioranza e opposizione».
Con chi negoziava?
«Nell’opposizione era Frattini la persona con cui discutevo e negoziavo. Si arrivò a posizioni comuni e fu un lavoro che serviva al Paese e avvicinava l’Italia alle altre democrazie europee. Quello che conta è fare le riforme giuste, non se le fa la destra o la sinistra: per questo ho collaborato con Sarkozy alla riforma dello Stato francese. Lo spirito è lo stesso».
Il prossimo governo costerà meno?
«Costerà certamente meno, anche grazie alla semplificazione del sistema politico. Rispetto al 2001 Berlusconi ha una coalizione più compatta e meno articolata e una struttura del governo più razionale e meno dispersiva. Anche intorno a un tavolo di Consiglio di ministri, un conto è trovarsi in 30, un conto in 20...».
Perché ci sono voluti nove anni perché la sua riforma fosse applicata?
«Diciamo che in realtà il governo Berlusconi del 2001 l’aveva rispettata all’80%. I ministri con portafoglio non erano 12, ma comunque 14: rispetto ai 22 di dieci anni prima e ai 18 di cinque anni prima, rappresentavano comunque uno snellimento. Il colpo vero alla Bassanini arrivò con il governo Prodi del 2006, con spacchettamenti assolutamente irrazionali».
Non solo un problema di costo, quindi.
«Prodi ha diviso il Welfare in tre pezzi tra Damiano, Ferrero e Bindi. Ha separato Infrastrutture e Trasporti che sono strettamente collegati tra loro: la missione è la stessa, assicurare la mobilità delle persone e delle merci. Prodi ha anche pagato questi spacchettamenti».
È stata una delle cause di fallimento?
«Ci sono state altre ragioni politicamente più importanti, come la disomogeneità della coalizione, ma una delle ragioni è stata che la struttura del governo era frammentata. Dopo un anno e mezzo non avevano ancora finito di ripartirsi gli uffici. Nel ’96 invece Prodi era riuscito a ridurre i ministri a 20 e ci fu un episodio che pochi conoscono».
Quale?
«L’ultima notte arrivò Andreatta, contò i ministri nella lista, erano 23, e disse: “Professore, un buon governo non dovrebbe averne più di 15, massimo 20”. Prodi si mise allora con la matita rossa a fare accorpamenti».


Ci sarà l’attesa sburocratizzazione dei ministeri?
«Meno ministri e sottosegretari significa meno gabinetti, meno segreterie, scorte, uffici, auto blu, voli di Stato. Meno conflitti e sovrapposizioni di competenze. Spacchettare le “missioni”: questo è stato l’errore».

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