di Daniele Abbiati
Sono giorni lieti, per i non interisti. La Beneamata sembra la Vispa Teresa: vola di fiore in fiore e non sa dove posarsi; Massimo Moratti da un paio di settimane non dice «simpatico» a nessuno, forse nemmeno al proprio fedelissimo autista; Etoo, Sneijder e Maicon sbattono le ciglia come veline in ovulazione allindirizzo dei loro numerosi e danarosi spasimanti.
Il merito (o la colpa) di tale situazione è del più «simpatico» fra i simpatici: il Bello, il Poliglotta, il Brillante, il Cittadino del Mondo, il Farfallone Leonardo Nascimento de Araújo, già teorico, nel suo anno sulla panchina rossonera, dello schema dellamore e accasatosi (per il momento) proprio nella città dellamore, Parigi, complici i petroldollari di un emiro del Qatar, che non faranno la felicità, però aiutano. Se nè andato, come il Mancio e come il Mou, e ora il Biscione deve cambiar pelle alla svelta, preso dalla fretta, la più classica delle cattive consigliere. A chi affidare il bastone del comando? Chi insediare sul trono della Pinetina, traballante sotto i colpi dello spogliatoio più giacobino e umorale del panorama calcistico internazionale, con la «i» minuscola?
Lidentikit del futuro allenatore somiglia a un ritratto del picasso cubista: ha il naso di un big plurititolato (Capello? Hiddink?), gli occhi di un cuore nerazzurro (Mihailovic? Simeone? Zenga?), la bocca di un operaio bravo ma pressoché disoccupato (Gasperini? Rossi?), le orecchie di un emergente (Villas-Boas?). Insomma, più che un profilo, è un puzzle. Giralo come vuoi, manca sempre la cosa più importante, cioè la firma sul contratto. Perché? Perché il vero, unico, oggetto dei desideri, in casa interista, è Pep Guardiola. Si spera che nellestate del 2012, dopo aver intascato altri cinque o sei trofei, onusto di gloria il catalano decida di proseguire a Milano la propria fenomenale carriera. Detto in altri termini, serve un traghettatore (leggi tappabuchi) che saccontenti di un anno di contratto.
E qui, contravvenendo alla propria (critica) fede milanista, chi scrive, impietosito dai musi lunghi degli amici-cugini, azzarda una proposta. Ragazzi, la soluzione ce lavete in casa: si chiama Cambarzan. A dispetto del cognome, non è turco, né veneto, né uzbeko. Ha la zucca pelata di Cambiasso, la pacatezza di Beppe Baresi e i polmoni di Zanetti. Ecco il triumvirato perfetto che, dietro piccolo ritocco ai contratti in essere, saprebbe accompagnare il naviglio morattiano nella bonaccia della stagione 2011-2012. Date retta, cari colleghi, ve lo dice uno abituato alla monarchia costituzionale: tre teste al prezzo di una è comunque un affare.
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