Nellarco di pochi anni erano diventati i migliori clienti delle aziende nautiche. Poi la crisi è arrivata anche da quelle parti: i miliardari russi, che ordinavano con nonchalance i grandi yacht dei più prestigiosi cantieri italiani, sono pressoché scomparsi. Si dice che torneranno. Un anno fa correva voce che perfino Roman Abramovich avesse annullato un ordine ai cantieri olandesi Feadship.
Il settore della nautica, dopo anni di crescita a due cifre, ha assistito incredulo, proprio nei giorni del Salone di Genova 2008, al crack globale delleconomia. Non un problema di settore, quindi, ma conseguenza della grande crisi. Fin qui la sintesi di un terremoto che - unico aspetto positivo - ha celebrato finalmente i funerali del capitalismo finanziario. Si spera definitivamente morto e sepolto insieme con tutti i ladri senza scrupoli che hanno agito indisturbati. Da Lehman Brothers in poi.
Detto questo, la nautica italiana, una delle eccellenze di questo strano Paese, ha incassato il colpo. Gli imprenditori si sono rimboccati le maniche, ma, per la prima volta nella storia dellintero comparto, sono stati costretti a mettersi in coda mischiandosi ai «questuanti» abituali davanti al Palazzo. La crisi sarà alle spalle, ma le sue conseguenze graffieranno, per almeno altri due anni, la pelle di chi ha fatto sempre da sè.
Lo Stato, si sa, è padre e madre allo stesso tempo. Padre e madre che per decenni hanno «coccolato» altri settori, pure importanti, trascurandone altri non meno importanti ma spremuti spietatamente, con colpevole accanimento, dal Fisco.
Ieri lo Stato ha pensato anche ai «figliastri», li ha «incentivati» quanto basta per un sentito «Grazie»! I 20 milioni (qualcosa di concreto visti i chiari di luna) sono importanti, ma la vittoria è unaltra: finalmente un governo che fa uscire dal ghetto dei pregiudizi un settore come la nautica. Ma... Si può dare di più. Senza essere eroi.
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