Quando qualcuno fa riferimento alle «bombe di Savona», in genere per disinformazione parla delle cosiddette bombe «fasciste» che sono esplose nel periodo che va dal 74 al 75. In realtà questo è solo una parte della storia esplosiva che ha interessato la città. Savona, evidentemente, è una città «bombarola», non nuova a questo fenomeno, infatti altre e più numerose bombe esplosero a Savona, in tutti i formati e in tutte le tipologie, dal 1946 sino al 1948, i morti e i feriti furono numerosi.
Una boma a mano, di tipo militare per fare un esempio, fu lanciata allinterno del cortile del carcere di S. Agostino nel momento del quarto dora daria per eliminare dei detenuti che avevano aderito alla Repubblica Sociale Italiana. In questa occasione venne ridotto a brandelli un ufficiale «repubblichino» tale Lorenza. Altre bombe detonarono in vari punti di Savona per intimidire, per punire o per «liquidare» personaggi che si opponevano allo strapotere dei partigiani comunisti, che a Savona facevano il bello e il cattivo tempo. In genere i dinamitardi usavano il trinitrotoluene, meglio noto come tritolo o Tnt un esplosivo molto stabile e facilmente reperibile, piazzato accanto alle porte delle abitazioni delle persone che si volevano «ammorbidire». Anche gli esercizi pubblici gestiti da persone decisamente anticomuniste, erano un bersaglio preferenziale.
Questa è una storia accaduta a Savona nel novembre 1946, periodo storico molto tumultuoso. Lappuntato dei Reali Carabinieri Ernesto Cavallo, è un uomo tosto e indomito, piemontese vecchio stampo di saldi principi, nato nel 1895 a Castel Rocchero un piccolo centro del Piemonte rurale, entrato appena diciassettenne nellArma , presta servizio nel corso della Grande Guerra al fronte. Sua moglie Anna Cervetto, nellintermezzo dei due conflitti, con i risparmi della famiglia, acquista un piccolo immobile a piano terra, nellangiporto di Savona e vi apre un bar, che visto il traffico di marittimi e operai portuali, «i camalli», fornisce da vivere alla famiglia. Nel 1940 lItalia entra ufficialmente in guerra e lAppuntato Ernesto Cavallo viene richiamato e inviato dallArma alla Caserma di Alice Bel Colle, la moglie e i due figli, lo seguono, chiudendo il locale pubblico.
Nel basso Piemonte, Ernesto Cavallo, arriva spesso a contatto con la realtà della guerra, con lo sbandamento dell8 settembre, con le ruberie e uccisioni che seguirono il 25 aprile 1945, però si mantiene fermo e continua a fare il suo dovere: come Carabiniere, al di sopra delle parti, tutela la gente onesta che abita il territorio a lui affidato, spesso affrontando sia i Tedeschi che i partigiani comunisti che volevano esercitare una «gramsciana» egemonia sul territorio. Cavallo, uomo duro e poco incline alla paura, la spunta sempre su questi personaggi e diventa un punto di riferimento per i contadini onesti della zona che con la sua presenza vivono una relativa tranquillità.
La guerra termina, e quelli che possono tornare a casa lo fanno, lappuntato dei Carabinieri Ernesto Cavallo, si congeda dallArma e con la moglie Anna Cervetto e i due giovani figli Irene e Umberto torna a Savona. La sua prospettiva lavorativa è quella di riaprire a Savona il bar, visto che i muri sono di proprietà della moglie Anna Cervetto. Tornato nella rossa Savona, da civile, Ernesto Cavallo a 51 anni, trova una realtà di gente impaurita e terrorizzata: chi gestisce il potere è la Polizia Ausiliaria Partigiana. Nelle notti e non solo, avvengono esecuzioni sommarie, allalba agli angoli delle strade o nel piazzale del Cimitero vengono rinvenute decine di corpi di morti ammazzati e nessuno fiata.
Una brutta sorpresa attende la famigliola: i locali del suo ex bar, sono stati espropriati di fatto e adibiti a mensa di una delle tante sezioni del Partito Comunista. Alle giuste rimostranze di Ernesto Cavallo, gli viene risposto dal ras locale del Partito, che mentre «lui era a fare il lacchè dei fascisti in Piemonte» a Savona i partigiani combattevano per la Libertà, quindi i locali rimanevano in uso ai «combattenti per la libertà» che ne avevano il diritto sacrosanto.
Ernesto Cavallo, non si lascia intimidire, con calma e metodo, inizia ad agire usando le Leggi che conosce bene, va da un magistrato, muove le sue vecchie amicizie nellArma e dopo appena un mese, riesce a liberare i locali, estromettendo i personaggi che se ne erano impossessati in modo fraudolento. Lo arreda nuovamente, con bancone e sgabelli, acquista specchi e liquori e il bar rinasce, viene battezzato Bar Scandinavia. Lesercizio rifiorisce e riacquista lavviamento commerciale, viene frequentato dai marittimi, dai «camalli», si apre anche una sala dedicata agli ufficiali. Il Bar Scandinavia, fa affari.
Ma qualcuno non ha dimenticato chi si ribella ai loro metodi e alle ore 00,50, del 28 novembre 1946, il solito gruppo di criminali, piazza dei tubi di tritolo agli ingressi del locale e li fa esplodere. Il boato è tremendo, gli infissi e tutto larredamento del bar, i vetri e i serramenti del caseggiato vanno in pezzi. Ernesto Cavallo e la sua famiglia che abitano al piano sovrastante il bar sono vivi per miracolo.
Ho parlato del fatto con lunica superstite della famiglia Cavallo, Irene, figlia di Ernesto, ora ha 87 anni, ma è ancora lucida e ricorda con precisione il fatto e gli antefatti: «Ci svegliammo terrorizzati, nel cuore della notte, per il boato, la casa aveva tremato, gli infissi erano stati scardinati dallo spostamento daria, le lenzuola erano coperte da frammenti di vetro e da calcinacci, afferrammo i vestiti e scendemmo di corsa in strada e potemmo vedere il disastro capitato: il locale era praticamente vuoto, larredo era stato risucchiato fuori, niente più porte, il pesante bancone ribaltato, tavolini, sedie e quantaltro sparsi a pezzi in strada, le poche bottiglie intere galleggiavano nello specchio acqueo della darsena vecchia del porto. La gente attorno ammutolita, aveva capito tutto, ogni parola era inutile».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.