Politica

Quando gli ebrei morirono per liberare l’Italia

Nel corso degli ultimi mesi in Europa e in Italia sono state commemorate varie date legate alla fine della Seconda guerra mondiale e alla liberazione dal Nazismo.
In tutta Italia si sono svolte cerimonie per ricordare le migliaia di giovani delle forze alleate che combatterono e caddero per l'Italia e per la vittoria sul Male. Basta fare un giro tra gli oltre centotrenta sacrari e i cimiteri militari sparsi per tutta l'Italia, da Nettuno a Falciani, e vedere quante croci e quante stelle di Davide ci sono per comprendere quale pesante prezzo è stato pagato da queste persone.
Anch'io ho avuto modo di prendere parte a molte di queste cerimonie. Una di queste si è svolta proprio l'altroieri, a Piangipane, nei pressi di Ravenna, e riguarda una pagina di storia forse meno nota alla maggioranza degli italiani, e che proprio per questo desidero condividere con voi.
Tra i combattenti dell'Armata Britannica emerge la storia di alcuni giovani ebrei che arrivarono da una terra lontana, pronti a combattere per i valori supremi della libertà e dell'etica. Contrariamente a quanto avveniva per altri eserciti, essi non avevano ancora uno stato e non furono mandati da nessun governo. Questi giovani vennero dalla Terra d'Israele, allora ancora sotto Mandato Britannico, e si arruolarono volontariamente nella Brigata Ebraica dell'esercito del Regno Unito, obbedendo solo alla propria coscienza.
È la prima volta che gli ebrei, solitamente schierati nelle guerre tra le fila degli eserciti dei paesi in cui vivevano, combatterono in una unità ebraica con le proprie insegne e la propria bandiera, lo stesso vessillo bianco-azzurro che tre anni dopo sarebbe diventato bandiera ufficiale dello Stato d'Israele. Trentamila giovani, il cinque per cento della comunità ebraica in Terra d'Israele in quel periodo, partirono volontariamente per la guerra in Europa e in altre parti del mondo, per sconfiggere il Male.
La Brigata Ebraica, costituita nel settembre 1944 e ufficialmente denominata «Jewish infantry brigade group», fu posta sotto il comando di Ernst Frank Benjamin, un generale ebreo di origine canadese.
Essa aveva già combattuto nel Deserto occidentale, in Nord Africa, quando, a metà del novembre 1944, circa cinquemila dei suoi uomini sbarcarono a Taranto e, risalendo attraverso le zone di Capua, Colleferro, Palestrina e Zagarolo, si stabilirono a Fiuggi.
A fine dicembre 1944 la Brigata fu incorporata nel X Corpo dell'8ª armata britannica guidata da Montgomery e combatté in Emilia, nella zona di Alfonsine, Cuffiano e dei fiumi Lamone e Senio.
Proprio sulle sponde del Senio, 33 di loro sono caduti, a un passo dalla fine della terribile guerra, e riposano oggi nel Sacrario di Piangipane, dove mi sono recato, martedì scorso, per onorare la loro memoria assieme alle autorità italiane e a una delegazione dell'esercito dello Stato d'Israele. È stata una cerimonia molto toccante, culminata nel gesto di alto valore simbolico compiuto da 33 soldati israeliani che hanno posto, uno alla volta, una bandierina dello Stato d'Israele su altrettante tombe dei caduti della Brigata sepolti in quel luogo. Soldati italiani e israeliani insieme, di fronte alle bandiere di entrambi i paesi, sessanta anni dopo aver già collaborato e lottato insieme per la libertà, prima ancora che sorgesse lo Stato d'Israele, hanno reso omaggio con la massima solennità ai loro caduti, nel pieno spirito delle ottime relazioni che caratterizzano oggi i nostri paesi.
Dopo aver contribuito a liberare l'Italia e l'Europa dal Nazismo, gli uomini della Brigata Ebraica si dedicarono a cercare e salvare le migliaia di profughi e di sopravvissuti sfuggiti alla persecuzione nazista, infondendo loro speranza e permettendo a molti di loro di raggiungere la Terra d'Israele e di poter partecipare alla fondazione di uno Stato, forte, fiero e in pieno diritto di esistere a testa alta fra le nazioni.

Il sacrificio dei combattenti della Brigata ebraica non era stato vano.
*Ambasciatore
d’Israele in Italia

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