Caro Granzotto, per decenni abbiamo addebitato, giustamente, allUnione Sovietica la pratica della «sovranità limitata» e dellinterferenza negli affari interni di altri Stati. Unione Sovietica e Stati Uniti hanno non solo tollerato, ma anche «creato» e mantenuto al potere dovunque dittatori che non ebbero alcunché da invidiare al capo tribù libico, quando lo ritennero necessario per i loro interessi nazionali. La Francia, non avendone la medesima possibilità, ha intrattenuto con i despoti rapporti cordiali guardandosi bene dallastenersi di concludere con loro remunerativi affari. Gheddafi è, per usare un eufemismo, poco raccomandabile e usa la mano pesante nei confronti dei suoi connazionali ribelli, ma il suo omologo iraniano è da ritenere più tranquillizzante? In Italia scopriamo che impegnare aerei da guerra contro un altro Stato non significa fare la guerra, ma svolgere soltanto una democratica missione per conto dellOnu, e in passato della Nato. Quindi, se inviamo militari in Irak, in Serbia, in Afghanistan e in Libia, la coscienza si può ritenere a posto e perfettamente ossequiente alla Costituzione che ripudia la guerra. E ovviamente non ci intromettiamo negli affari interni di un altro Stato! Il che non ha evitato che in «missioni di pace» siano caduti soldati italiani per guerre decise da altri Paesi, sia pure alleati. Non è che avesse ragione chi sosteneva che «i popoli che non amano portare le proprie armi finiscono per portare quelle degli altri»?
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Fuori lautore, caro Perfetti: lo disse Mussolini che i popoli che non amano portare le proprie armi finiscono per portare quelle degli altri. La qual cosa è abbastanza vera. Sempre per mettere i puntini sulle «i», non è che alla Francia siano mai mancati i mezzi per trescare con i despoti. Quando facevo il giramondo fui spedito a Bangui per riferire ai lettori del Giornale i fasti dellincoronazione di Jean-Bédel Bokassa a imperatore del Centrafrica. Indimenticabile sceneggiata voluta, pagata, allestita e diretta dal governo francese. I festeggiamenti durarono quattro giorni, quattro giorni di scialo mai visto fra i due Tropici. E non è che i cugini doltralpe ignorassero che Bokassa avesse per così dire la mano pesante con i suoi sudditi, che le prigioni nella savana pullulassero di oppositori (bastava tardare a genuflettersi al passaggio del président à vie poi diventato empereur per essere giudicato un cospiratore) e che manifestasse una certa predisposizione al cannibalismo. Fa un po ridere, quindi, una Francia che bombarda Tripoli perché - così sostiene - ha sempre difeso i diritti e le libertà dei popoli oppressi da un dittatore o satrapo che sia. Quali libertà, quali diritti, poi? Chi può sapere - forse Carlà? - cosabbia in mente la piazza (armata) di Bengasi una volta conquistato il potere, sempre che lo conquisti, sotto lombrello dei missili francesi o inglesi o americani? Quello che si sa, quel che è certo, è che Gheddafi non sarà uno stinco di santo, ma in quarantanni nessun libico ha mai avuto la tentazione di imbarcarsi su una «carretta del mare» per fuggire alla tirannia e assicurarsi una nuova vita, più libera e più prospera, sulle altre sponde del Mediterraneo. Non si registra un libico fra i milioni e milioni di clandestini riversatisi negli ultimi anni in Europa. Vorrà pur dire qualcosa, no? Per fortuna quel «qualcosa» comincia a farsi strada nella opinione pubblica.
Paolo Granzotto
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