Quanto vale il rialzo dei tassi per i big di Piazza Affari

Con un aumento dell’1%, Generali farebbe 300 milioni di utile in più. Per Unicredit un beneficio stimato fino a 700 milioni, per Intesa 300

di Salvatore Campo

Piccoli avvertimenti stanno filtrando dalla Bce: se la dinamica dei prezzi dovesse proseguire lungo questo trend, la banca centrale dovrà intervenire sui tassi per evitare una spirale inflazionistica. Gli analisti si attendono una mossa in tal senso solo nel secondo semestre del 2011, ma la crisi libica con la conseguente impennata del prezzo del greggio - quindi della benzina e di tutta la filiera alimentare - rischia di mettere sotto pressione la Bce. Un rialzo dei tassi, figlio di timori inflazionistici ma anche di una ripresa che si manifesta in modo più solido che in passato, avrebbe ripercussioni positive su alcuni grandi gruppi finanziari quotati a Piazza Affari, come le banche e le assicurazioni. E, in negativo, sulle utility.
LE ASSICURAZIONI
Un incremento di 100 punti base dei tassi di interesse, fermi ormai da quasi due anni all’1%, avrebbe un duplice beneficio per le compagnie assicurative, sia a livello di conto economico che a livello di embedded value, il valore intrinseco di una compagnia. Ipotizzando quindi - per semplicità - una crescita dell’1% secco dei tassi, il bilancio della prima compagnia assicurativa italiana, le Generali, avrebbe un beneficio di 308 milioni di euro a livello di utile, su una bottom line stimata dagli analisti per il 2010 superiore a 1,6 miliardi. Positivo anche l’impatto sull’embedded value, che supererebbe il 5% sempre presupponendo un rialzo dei tassi dell’1%. Anche Fondiara-Sai, che viene da una fase di difficoltà, beneficerebbe di un eventuale rialzo dei tassi, con un impatto a conto economico stimato in circa 33 milioni di euro, su una perdita attesa per quest'anno che potrebbe superare i 450 milioni. Queste stime, per quanto corrette, sono però poco realistiche: per ottenere questi risultati bisognerebbe che lo stock di investimenti di entrambe le società aumentasse d’un colpo dell’1%. Una stima più realistica, che tiene conto di una rotazione «normale» degli investimenti, indica un impatto positivo sull’utile netto di Generali di 47 milioni e di 9 milioni su Fondiaria-Sai.
LE BANCHE
Le prime interessate da una mossa rialzista da parte della Bce sarebbero comunque le banche, che potrebbero invertire o rafforzare il trend del margine di interesse. Grandi gruppi come Unicredit e Intesa Sanpaolo forniscono al mercato una guidance ufficiale: per Piazza Cordusio, un rialzo dell’1% dei tassi di interesse si tradurrebbe in un incremento dei ricavi di 500 milioni di euro, mentre per Intesa Sanpaolo l’impatto sarebbe positivo per 250 milioni. Stime caute a detta degli analisti, che si dicono ben più ottimisti: con un balzo di 100 punti base dei tassi di interesse, Unicredit trarrebbe un vantaggio di 700 milioni (su una stima di oltre 16 miliardi di margine di interesse a fine 2010), mentre Intesa di circa 300 milioni (su quasi 9,9 miliardi attesi). La banca guidata da Corrado Passera ha una reazione limitata rispetto a Piazza Cordusio ai movimenti dei tassi di interesse: ogni 1% di rialzo dei tassi, infatti, l’utile per azione di Intesa stimato per il 2011 salirebbe del 5% circa, contro l’8% di Unicredit. Impatti positivi sarebbero registrati anche dagli altri gruppi - grandi e più piccoli - quotati a Piazza Affari. Monte Paschi Siena, secondo le ultime stime, potrebbe registrare un incremento del margine di interesse di 150-200 milioni di euro, su un totale atteso dal mercato per fine 2010 di 3,65 miliardi di euro. Minore l’impatto per Ubi, circa 90 milioni su 2,1 miliardi complessivi (+12% sull’eps 2011), mentre il Banco Popolare potrebbe arrivare a toccare un incremento di 130 milioni (+22% a livello di utile per azione nel 2011). Il tutto su un margine di interesse stimato a fine 2010 per 1,9 miliardi di euro.
UTILITY
Di natura totalmente opposta, invece, sarebbe l’impatto sulle utility e sulle società ad elevato indebitamento, quali ad esempio Atlantia, Enel e Telecom Italia: società che hanno un rapporto debt/ebitda tirato ma sostenibile grazie alla generazione di cassa. Come avviene per la rata sui mutui, che sale di pari passo con il valore dei tassi di interesse, allo stesso modo queste società si troverebbero a dover fronteggiare costi maggiori per sostenere il debito.

Fornire stime precise è molto complesso in quanto parte delle attività di queste società sono business regolati, alcuni dei quali agganciati all’inflazione, ma l’opinione del mercato è unanime: l’elevato indebitamento di fronte a un rialzo dei tassi porta a una pressione sugli utili per effetto di maggiori oneri finanziari sul debito.

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