Quei giochi di potere di Emma e degli industriali

di Lodovico Festa

Spiegare la storia con complotti e manovre oscure è generalmente esercizio da paranoici. Detto questo, però, soprattutto con soggetti non in grado di esprimere grandi visioni, quando ai Cuccia e ai Gianni Agnelli si sostituisce un piccolo establishment dai piccoli appetiti, alcuni intrighetti diventano tentazione irresistibile e possono talvolta provocare effetti anche significativi. C’è uno schema, in questo senso, di provocazione ben sperimentato contro i governi di centrodestra: alzare il livello delle richieste di provvedimenti drastici, e, quando questi vengono assunti e determinano conflitti sindacali, denunciare l’esecutivo perché non garantisce l’armonia sociale.
La Confindustria di Luigi Abete fu maestra di questa tattica nel 1994 collaborando per isolare e poi liquidare così il primo governo Berlusconi proprio sulla partita delle pensioni, prima sollecitata e poi abbandonata di fronte a possenti scioperi generali.
Questo schema fu attuato tra il 2004 e il 2005 da Marco Follini, alla testa dell’Udc, che da una parte sollecitava una riforma dura delle pensioni, dall’altra costruiva intese con il neo-eletto presidente della Confindustria Luca Cordero di Montezemolo impegnato in un rapporto con la Cgil dell’evanescente Guglielmo Epifani decisivo per isolare la svolta riformista della Cisl di Savino Pezzotta, fino a quel momento garante di seri risultati innanzi tutto con la Legge Biagi sulla rigidità del mercato del lavoro.
Un’arietta da ritorno di queste provocazioni si è avvertita nelle scorse settimane in certe scelte dei vertici confindustriali che dopo avere premuto (in sintonia con la Bce e il suo prossimo presidente Mario Draghi) per nuovi provvedimenti per liberalizzare il mercato del lavoro - anche per consolidare gli importanti accordi di Pomigliano e del Lingotto e dar via libera così agli investimenti Fiat - hanno preferito privilegiare il rapporto con la Cgil a un vero sostegno delle scelte (limitate e perfettamente rispettose delle parti sociali) prese con l’articolo 8 della manovra finanziaria, dal governo, sulla regolazione dei licenziamenti grazie ad accordi aziendali.


C’è un’idea simile anche sulle pensioni? Anche in questo caso si vuole spingere il governo a esporsi per poi «bastonarlo» quando si accenderanno i conflitti sindacali? Pesano un po’ troppo consiglieri «di sinistra» di Emma Marcegaglia come Giuseppe Mussari presidente di Monte dei Paschi e dell’Abi (l’idea di un rapporto troppo stretto tra banche e imprese di questi tempi che richiedono una reale dialettica tra i due mondi appare peraltro veramente azzardata)? C’è un modo per capire se si vuole fare sul serio: Confindustria chieda incontri non solo al governo ma anche ai gruppi parlamentari, mettendo ogni forza politica di fronte alle proprie responsabilità. Così si chiarirà se si cercano seri provvedimenti o se si è in presenza di giochetti di potere non tanto di Confindustria ma di singoli esponenti, magari mossi dall’invidia per l’esposizione mediatica di Montezemolo.

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