Querelati da Bocchino? Un titolo di nobiltà da sfoggiare con gioia

Caro Granzotto, ho visto che anche lei è nell’elenco dei «nemici» di Bocchino. Per favore ci iscriva anche me d’ufficio; reato: antipatia congenita per l’individuo e baffi sulle sue fotografie (sempre dopo che tutti gli altri membri della mia famiglia hanno letto il Giornale). Non ho una mia foto scannerizzata da aggiungere all’elenco pubblicato sul Giornale, ma le mando quella della mia Ely, che corre nei pascoli eterni in compagnia di tutti gli altri cani che mi hanno tenuto compagnia nella mia vita. Sursum corda.
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Capisco che anche lei voglia fregiarsi dell’alto titolo onorifico di querelati da Italo Bocchino, gentile amica, ma purtroppo non mi è consentito procedere d’ufficio. Posso però, e ho in mente di farlo, istituire una commenda riservata ai querelati di fatto e ai querelati in pectore o in aspettativa. Con diritto di apporsi al bavero una spilla con la scritta: «Ho fatto dimagrire Bocchino e signora». In alternativa, «Faccio venire gli incubi a Bocchino e ai suoi cari». Di questo infatti ci accusa Bocchino, d’esser cagione di insonnie e dimagrimenti. Causa stalking, ovvero sindrome del molestatore assillante. Il sito dei Carabinieri, dove ho curiosato, riporta le figure classiche (elaborate dalla Sezione Atti persecutori del Reparto Analisi Criminologiche) dello stalker, che mi compiaccio di riferire a chi, come lei, gentile lettrice, è in attesa della commenda. C’è lo stalker «risentito», di solito un ex-partner «che desidera vendicarsi per la rottura della relazione sentimentale causata, a suo avviso, da motivi ingiusti». Essendo manifesto che io, come d’altronde i miei colleghi di ventura, non nutro sentimenti amorosi nei confronti di Bocchino, questa tipologia non mi si addice. C’è poi lo stalker «bisognoso di affetto», che agisce soprattutto nell’ambito di rapporti professionali, rapporti che con Bocchino non intrattengo, per non parlare dell’affetto, e dunque idem come sopra. Altra tipologia di stalker è quella del «corteggiatore incompetente» (il tipo appiccicoso e geloso, dalla «condotta persecutoria») e siccome mi guardo bene dal corteggiare Bocchino, anche qui non ci siamo. Viene in seguito lo stalker «respinto» il quale, molestando, intende vendicarsi e al tempo sesso riconquistare colui o colei che lo respinse. Non fa per me. Infine, lo stalker «predatore», che pedina, insegue e spaventa la vittima ambendo a intrattenere con essa rapporti intimi. Mai pedinato Bocchino, mai inseguito e mai ambìto a quel genere di rapporti. E quand’anche si spaventasse vedendo la sua foto sul giornale che posso dire? Amen.
Che poi, se sapesse che gli riconosco grande merito magari si pentirebbe d’avermi denunciato per averlo fatto dimagrire. Ma sì, gentile amica: l’ambaradam montato da Bocchino (che se ho letto bene sarebbe l’ideologo di fiducia di Gianfranco Fini, sorbole!), lo pone fra le figure eminenti dell’avanspettacolo istituzionale: politicamente un nessuno, come ideologo, bé, lasciamo perdere, ma come Capitan Fracassa, un grande.

Se lo ricorda, alla Camera? Grosso modo: «Fini era il mio duce», pardon, leader, «quando avevo i calzoni corti! Lo era quando i calzoni li portavo alla zuava! Seguitò a esserlo quando, con le braghe ormai da ometto, mi iscrissi al Msi! E quando il Msi divenne Alleanza nazionale. E quando essa si sciolse nella Casa delle libertà. Sempre Fini il mio duce», pardon, leader «e lo seguirò ovunque, anche nel cerchio di fuoco!». Mi dica lei, ma dove lo trova, un altro così?
Paolo Granzotto

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