Rosy Bindi avrebbe un cattivo carattere? Solo se le fa comodo

Caro Granzotto, ho letto le dichiarazioni della Bindi, la quale vorrebbe che non si rendessero noti i numeri dei clandestini che sbarcano dalla Libia, perché farebbero comodo alla Lega in campagna elettorale. La Bindi avrebbe voluto che la Repubblica e l’Unità avessero scritto: «È approdato a Taormina un yacht da 60 metri con 30 libici a bordo che hanno preso alloggio nei più rinomati alberghi dell’isola». Certo, aveva ragione Sgarbi. Ma perché così tanto odio verso Berlusconi e il suo governo? Che sia l’astinenza? Che la proposta di Vendola le abbia dato alla testa? Certamente ci sarà qualche altra ragione che mi sfugge (psichiatria?).
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Psicanalisi, caro Cazzulani, psicanalisi. Vorrà mica mettermi nei guai, spero. L’avevo un po’ trascurata, la Bindi. Sottovalutandone la dirompente vis comica e il talento tutto democristiano dell’inguacchio e della tresca, del parlare ellittico, di dire a nuora perché suocera intenda. Dicono abbia un caratteraccio, che sia una toscanaccia. Può darsi, ma è principalmente donna di potere e il potere, si sa, logora solo chi non ce l’ha. Lei lo ebbe. Lo rivuole, perché le piace e appaga il suo super-superego, un superego scambiato per caratteraccio ma che è anche arroganza, boria e vanagloria. Fanno ridere quelli che come Alice nel Paese delle Meraviglie si chiedono: ma la Bindi è davvero bersaniana, crede nel «disegno» del Pd di Bersani o ci marcia? La Bindi! La Bindi è bindiana, punto e basta. Tornando a bomba, dica lei, caro Cazzulani, se quell’uscita sul tenere celato il numero dei barconi e relativi clandestini che si dirigono su Lampedusa, non sia degna di un Totò, anzi di un Pappagone. O d’una sciampista della politica che per giustificare le marachelle sospira: lontano dagli occhi lontano dal cuore. Quanto a padronanza del politichese col suo parlar obliquo, mi dica lei se non è da manuale la bindesca reazione alle dichiarazioni di Nichino Vendola, che buttò là il nome di Rosy quale candidata premier delle sinistra affratellate in Santa Alleanza. Quattro mosse. La prima: «Non sarei sincera se nascondessi la mia soddisfazione». La seconda: «Vendola non doveva scaraventarmi nella mischia». La terza, riferita all’altra ideuzza, quella di Mario Monti candidato premier della sinistra: «Monti è un nome autorevolissimo». La quarta: però «quando Vendola si rende disponibile a una prospettiva più ampia (in parole povere: alla mia, mia di Rosy Bindi, candidatura) non si possono non ascoltare le esigenze che la sua parte esprime». Insomma, un colpo al cerchio e uno alla botte, un colpo d’anca di immodestia seguita da un secondo di ritrosia, un elogio al concorrente che immediatamente dopo sgambetta e anzi, sgarretta. Questa è la Bindi, caro Cazzulani: sotto i suoi panni (metaforici, s’intende: nessun riferimento a quelli veri e dunque, meno che mai, ma proprio mai, a ciò che tengono segreto) di eumenide si nasconde l’erinni che nella marcia verso il potere tutto spiana davanti a sé e tutto travolge coi suoi scarponi chiodati. Come ogni buon «sincero democratico» che si rispetti è a corto di idee e di prospettive politiche per cui campa di rendita con l’antiberlusconismo oggi in versione etica e virtuosista. Ma se ciò può averne fatto la cocca di Romano Prodi - che per lei stravede. Come dimenticare i suoi: «Rosetta, Rosetta, dov’è la mia Rosetta?» - non le garantisce il primato nell’affollato stabulario della sinistra.

Dove tuttora dominano, detenendo il diritto di beccata, i galli, i galletti e qualche cappone. Alle chiocce e alle pollastre si concede solo di starnazzare, cosa che, bisogna ammetterlo, fanno però con molto impegno.
Paolo Granzotto

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