Sabina nel paese delle meraviglie (senza Italo e Mara)

Un po’ di gossip caro Granzotto, in questi tempi duri? Dài! Sabina Guzzanti, che sette anni fa tifava per il tumore di cui era affetto il presidente Berlusconi (eh sì, anche di questo è capace la feroce donzella, l’emeroteca non mente) - col patriarca Paolo, allora penna de luxe del Giornale muto, anche alle mie proteste - è finalmente riuscita nella titanica impresa di far ridere todos los berluscones! Il mostro di Arcore è dimostrato che qualche pentola l’ha venduta; la madonna pellegrina giocoinborsa dell’Aquila, a parte spandere letame a impatto zero, cos’atro ha fatto nella vita? Boh? Ah sì, grazie a quel mostro ha fatto il grano, come i tanti altri che manco la Treccani riesce a contenere nomi, ragioni sociali ecc. L’altra faccenda, se vera, della tormentata love story Bocchino/Carfagna, beh, dimostra che quest’ultima è proprio una stordita e i suoi occhi sbarrati sono lì a dimostrarlo. Certo che una ministra così, «la più bella del mondo», proprio non ce la meritavamo: lo stalking e... cos’atro? Ariboh! Teniamo botta, grande Paolo!
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Io tengo botta, caro Zanconi, lei però mi tenga fuori Paolo Guzzanti: è un amico ed io sono fedele alle amicizie. Ciò non significa che condivida sempre le sue opinioni, però, insomma, sa com’è. La figliola. Guardi lei cosa le doveva capitare: accorgersi, di molto sorprendendosi, che la Repubblica produce ed elargisce fango in confezione famiglia. Strano, una ragazza così intelligente. Ma forse sa cos’è, caro Zanconi? Forse Sabina Guzzanti sta facendo le prove di Alice nel Paese delle meraviglie e si è a tal punto calata nella parte da vedere cappellai matti e gatti del Cheshire in ogni dove, anche in Largo Fochetti. Poi c’è la vicenda Bocchino&Carfagna. Quella me la sono goduta davvero, apprezzandone il risvolto antropologico. Non s’offendano i soggetti, ma il duetto intonato da Bocchino e da Carfagna attiene in pieno alla cultura detta della camerista (in italiano familiare, serva), reso ancora più fogliettonesco dall’intervento dei relativi partner nei panni dei cocu magnifiques. Eh, caro Zanconi, per uscire da quelle pochades senza le ossa rotte ci vuole classe e temperamento. Ci vogliono buone letture ed eleganza. Quattro optional che mancano - lasciamo fuori le signore - a un Italo Bocchino. Non è il peccato che conta, figuriamoci, le solite corna, ma la connotazione dei peccatori. Le vicissitudini, rese pubbliche per via del processo intentato ai quattro per omosessualità (in Inghilterra, allora, reato), di Vita Sackville-West in fuga d’amore con Virginia Woolf inseguita dal marito Harold Nicolson accompagnato dal suo amante, erano tali da suscitare scandalo. Ma mancandole lo squallore, la servaggine, l’odore della pasta e broccoli, i singhiozzi e le lacrimucce, il «io l’amo» di qui e il «io l’amo» di là, «lo perdono» di qui e «la perdono» di là, mancandole, quel taglio da fotoromanzo popolare e la pulsione a mostrarsi «trasparenti» e dunque politicamente corretti - tutte faccende che gravano, spiace dirlo, sulla vicenda dell’inguacchio amoroso del quale si discute - piacque, deliziò e mandò assolto, nei salotti londinesi, il peccaminoso quartetto. Questo è il punto, caro Zanconi: Mara Carfagna è bella e buona, ma non è, nemmeno lontanamente, Vita Sackville-West.

Italo Bocchino è un politico con un grande avvenire dietro le spalle, ma non è, nemmeno lontanamente, Harold Nicolson. Questo non vuol dire che siano condannabili per le loro scorribande sentimentali. Figuriamoci, siamo gente di mondo, noi. Fanno solo un po’ pena, ecco.
Paolo Granzotto

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