Cè una città dItalia dove le strisce pedonali vengono ridipinte due volte lanno. Questo perché ogni anno la città viene calpestata da sei milioni di piedi. Il guaio è che questa città è un piccolo borgo antico della provincia di Siena, il cui centro storico è lungo circa 900 metri e largo appena 500 e il cui nome, per sua fortuna-sfortuna, è diventato celebre nel mondo.
Ogni anno tre milioni di turisti vanno a San Gimignano, entrano da Porta San Giovanni e ne escono da Porta San Matteo, percorrendo i 700 metri di una strada che in larghezza non supera i sei-sette metri. Destate, periodo di massima affluenza, San Gimignano ospita 30-40mila persone al giorno in 4200 metri quadrati. Calcolando una presenza media del turista di 8 ore, nelle ore di punta nella via centrale di San Gimignano ci sono due persone per metro quadro, trasportate in loco (stando ai dati del 2005) da 13.200 pullman da 50-60 posti ciascuno e da 2.200 pullman da 15-30 posti, posteggiati in tre diverse aree che assediano le mura antiche. Roba da brivido.
Sui sei milioni di piedi che ogni anno strusciano sul selciato del borgo medievale esulta la rivista BellItalia, celebrando festosa il trionfo del turismo di massa, senza rendersi minimamente conto che è invece arrivato il momento di domandarsi seriamente se questo è il futuro che vogliamo per i nostri luoghi darte.
Non si tratta di essere contro il turismo ma di comprendere che, se di industria si tratta, il turismo ha innanzitutto il dovere di preservare il bene, il «giacimento culturale» come si ama oggi dire, da cui la detta industria trae alimento, senza disseccare una fonte preziosa e insostituibile.
Ma vallo a dire alle agenzie turistiche, capaci soltanto di scaricare su luoghi antichi e delicati le truppe ciabattate del turismo mordi e fuggi, tanto quello che importa è che i conti alla fine tornino (in tasca loro). E se questa aggressione continua e volgare distrugge latmosfera, lincanto del luogo e, peggio ancora, finisce per privare gli stessi abitanti (1500 nel centro storico) del loro habitat, occupandone le vie e le piazze manu militari, non fa nulla: quando si parla di turismo a contare sono soltanto i numeri non certo la qualità. Perché quale impressione, quale ricordo delle torri di pietra, delle bifore di mattoni, delle piazzette, delle cordonate potranno portare con sé turisti che si fermano 45 minuti 45? «I giapponesi sono i più rapidi - conferma lassessore alla mobilità Davide Cappellini - arrivano alle 8 del mattino e alle 8,45 sono di nuovo sul pullman». Sarebbe un bel sollievo se nel frattempo altri pullman non avessero già scaricato nuove truppe.
Questo assalto barbarico ha come prima conseguenza lo scadere delle attività commerciali e artigianali. Il centro di San Gimignano, che un tempo ospitava antiquari, negozi di specialità gastronomiche, bei ferri battuti e altri oggetti di un antico e nobile artigianato, oggi è invaso da orride bottegucce che vendono ceramiche scadenti, falsi pugnali e pinocchietti di legno made in China. «E il cinquanta per cento non sono neppure del posto», conferma Cappellini che abita vicino a Porta San Giovanni «dove certi giorni, se metto il naso fuori di casa, mi trasportano a spalla fino in piazza».
Se le nostre riviste di turismo non se ne accorgono, gli amministratori di San Gimignano si rendono perfettamente conto che così non si può andare avanti. Si cerca di diluire lafflusso offrendo riduzioni nei mesi autunnali e invernali, di favorire con offerte vantaggiose chi si ferma più a lungo, si cerca di promuovere manifestazioni darte, mostre, eventi teatrali, tutto quanto possa attirare una frequentazione più tranquilla, più consapevole, più colta, più rispettosa.
Ma nonostante la conclamata buona volontà dellamministrazione, San Gimignano resta per ora ostaggio di un modo volgare e rapace di intendere il turismo sul quale bisognerà prima o poi prendere misure drastiche (numero chiuso? prenotazioni?) prima che la morte culturale di un luogo non significhi anche la sua morte fisica.
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