Dopo il 25 aprile del 1945, si era creato un triangolo della morte che includeva Vado Ligure, Valleggia e Savona, qui sino agli anni 50, sparirono centinaia di persone, diversissime fra di loro: repubblichini, borghesi benestanti oppure no, ex militari monarchici, operai, impiegati, giovani oppure anziani, studenti, femmine e maschi. Lunico denominatore era rappresentato dai loro assassini, genericamente partigiani appartenenti a formazioni comuniste, che avevano acquisito, motu proprio, la qualifica di «poliziotti ausiliari», sino al loro scioglimento coatto nel luglio 1945 da parte degli alleati, a causa degli eccessi. I «quadri effettivi» della cosiddetta Polizia Partigiana erano formati da giovanissimi partigiani, con titoli di cultura risibili o inesistenti, nessuna selezione quindi, nessun corso di preparazione legale o amministrativa, nessun controllo sulla fedina penale e su eventuali pendenze penali in corso, ovviamente nessun test psico attitudinale che ne potesse garantire la stabilità psicologica.
In questo contesto nella notte fra il 19 e il 20 maggio 1945, sabato e domenica, una famiglia Savonese, sparisce, dopo essere stata fermata e trattenuta per «accertamenti», per alcuni giorni, in un campo di prigionia, uno dei due famigerati gulag, creati e gestiti dai partigiani comunisti, a Segno, Vado Ligure e Legino, alla periferia di Savona. La famiglia che sparisce nel cuore della notte, è la famiglia Biamonti di Savona, un nucleo benestante abitante in una villa di via Crocetta a Legino. Domingo Biamonti, ufficiale della Croce Rossa Militare, sua moglie Nenna Naselli Feo, nobildonna Savonese, entrambi ultracinquantenni, la figlia Angiola Maria, 23 anni, studentessa e la servente Elena Nervo trentenne. Il fidanzato della figlia, Luigi Rolandi, ex ufficiale degli Alpini, si attiva disperatamente e muove tutte le sue conoscenze per ritrovare la famiglia Biamonti, che tutti sapevano essere trattenuta nel campo di Segno.
Il comando partigiano, accerta la estraneità dei Biamonti, a qualunque forma di collaborazionismo con i Nazi-fascisti ma tarda in modo sospetto ad emanare il provvedimento di rilascio e così nella notte, tra il 19 e il 20 maggio 1945, un gruppo di partigiani comunisti armati, con sospetto tempismo, preleva i Biamonti, arbitrariamente, e li trasporta con un furgoncino sul piazzale antistante il Cimitero di Zinola. Qui i poveretti alle 00.50, verranno assassinati con un colpo alla testa, dopo che sono scesi dal mezzo: il furgone non doveva essere sporcato del sangue delle vittime. Gli assassini, dopo essersi fatti aprire dal custode, il cancello, con un carretto, trasporteranno e butteranno i corpi, in una fossa trovata già aperta, prevista per una sola inumazione, presso il campo A, fila 14, fossa 12, senza alcuna bara, «come i cani», ghigneranno in quella occasione i criminali.
Dopo qualche giorno, gli assassini, per meglio occultare i corpi, collocheranno sulla fossa una lapide fasulla, confezionata alluopo, con sopra un nome di una persona inesistente, «Luigi Tosi, di anni 84, la famiglia pose», con un involontario senso dellumorismo, molto macabro. La voce delluccisione dei Biamonti inizia a circolare e il Rolandi, la apprende da un esponente del Pci in un negozio di granaglie, in via Luigi Corsi, a Savona, il quale, messo alle strette, afferma che luccisione è avvenuta durante un tentativo di fuga, motivazione falsa in questo caso, e spesso usata ed abusata per mascherare numerosi assassini perpetrati dai partigiani rossi.
Intanto, la villa dei Biamonti, in via della Crocetta, viene svuotata in diverse riprese. Un sedicente «ufficio recuperi», va dalla villa con un camioncino e porta, abusivamente, via casse di masserizie di proprietà dei Biamonti e ora dei loro eredi. Alcuni monili in oro, sottratti alla Signora Nenna Naselli Feo in Biamonti, verranno fusi da un orafo di Genova, su ordinazione di un partigiano, implicato nella sparizione. Arrivano ai Carabinieri ed alla procura diverse lettere anonime, che in modo dettagliato accusano alcuni personaggi e chiariscono le motivazioni delleccidio, iniziano le indagini portate avanti, coraggiosamente e fra mille difficoltà, dal Procuratore Mario Torres e dal maresciallo Oreste Anzalone. Le investigazioni appurano che ai Biamonti, al momento del fermo, sono stati sottratti gioielli e denaro, che non sono più stati ritrovati, oltre a dei libretti di risparmio e buoni del tesoro sono prima spariti e poi improvvisamente ricomparsi.
Il 29 luglio del 49 a distanza di quattro anni dalla sparizione, i Carabinieri, alla presenza del Magistrato, effettuano uno scavo nella fossa 12, fila 14 del Campo A del Cimitero di Savona, vengono riesumati 4 corpi in avanzato stato di decomposizione, che vengono identificati per i Biamonti e per la domestica Elena Nervo. Il medico legale Dottor Giovanni Panconi effettua i rilievi; stabilisce che la morte è avvenuta per arma da fuoco e prima del piombo mortale, la madre e la domestica, come appurerà lautopsia, verranno selvaggiamente percosse con il calcio del fucile sul capo mentre sono accasciate, infatti il medico non troverà loro un solo osso intero del cranio.
Il clima omertoso è estremamente pesante, ma le indagini proseguono e portano a perquisizioni presso la abitazione di: Luigi Rossi, detto Stella Rossa, comandante del Campo di Legino, di Andreina Ghione, molto amica del Rossi, ospitata benevolmente dai Biamonti, Paolo Tissone partigiano dipendente del Rossi. Altri sentendo laria pesante si rendono irreperibili. Vengono effettuati due fermi, Rossi e Mario Bergamasco, e si emette regolare mandato di cattura per «avere a fine di rapina e raggiungere lo scopo con limpossessamento di valori e gioie, organizzato e diretto il sequestro dei componenti la famiglia Biamonti, nella notte tra il 14 e il 15 maggio 1945 e per avere al fine di occultare la rapina di cui sopra ed agendo con crudeltà cagionato la morte di Biamonti Domingo, Nenna Naselli Feo, Biamonti Angela Maria e Nervo Elena nella notte tra il 19 e il 20 maggio 1945, di occultamento dei predetti cadaveri».
Verranno effettuati processi, in diversi gradi di giudizio, tribunale, Assise e Corte di Cassazione, con numerose udienze. Ci saranno delle condanne a 27 anni di galera, ma decine di anni di pena verranno condonati. I Biamonti, ora sono seppelliti, in pace, a Cogoleto, nella tomba di famiglia.
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