Il primo gennaio è entrata in vigore la riforma delle forme pensionistiche complementari. Si tratta di unopportunità per i lavoratori dipendenti che possono conferire il Tfr - Trattamento di fine rapporto (ovvero, la «liquidazione») - in una pensione integrativa, al fine di assicurare un livello più elevato di copertura previdenziale. Il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, attuato agli inizi degli anni Novanta per rendere sostenibile la spesa pensionistica, ha comportato una notevole diminuzione dellimporto erogabile al termine della vita lavorativa.
È stato calcolato che chi andrà in pensione con il solo sistema contributivo può aspettarsi una rendita non superiore al 60% dellultima retribuzione percepita, più facilmente intorno al 45%. Per mantenere lo stesso tenore di vita anche in pensione, o quanto meno per non ridurlo drasticamente, è necessario ricorrere alla previdenza complementare. Tutti i dipendenti del settore privato possono decidere di costruirsi una pensione integrativa conferendo, in una delle tre forme di previdenza complementare prevista (i fondi pensione chiusi di categoria, i fondi pensione aperti e le polizze vita a finalità previdenziale), il Tfr che matureranno. Chi preferisce potrà dichiarare di voler mantenere anche per il futuro il tradizionale Tfr, lasciandolo in gestione all'azienda (se con meno di 50 dipendenti) o al fondo Inps (se con più di 50 dipendenti) e ritirandolo alla cessazione del rapporto di lavoro, al netto delle relative trattenute fiscali e della rivalutazione legale.
Un aspetto importante da sottolineare è che non tutte le scelte sono vincolanti per il futuro: chi sceglie di mantenere il Tfr potrà sempre cambiare idea, mentre la scelta di conferirlo a un fondo pensione integrativo, come quella derivante dal silenzio assenso, è irrevocabile. Tuttavia, si potrà passare da un fondo allaltro senza perdere quanto accumulato in precedenza.
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