Sergio «il giusto», eroe del santuario

Il padre guardiano non ha esitato a difendere i fratelli, tutti più anziani di lui. Ora è in coma

da Valperga Canavese (Torino)


Il suo fisico massiccio però non è bastato per calmare quelle belve, anzi ha innescato una reazione ancora più violenta, una raffica di colpi sulla testa e sul torace che lo hanno tramortito. «Sergio ha cercato di tutelare i confratelli perché se ne sentiva responsabile - spiega fra Gabriele Crivellin che ora presidia il convento - e nutre verso di loro un sentimento di protezione paterna». Padre Sergio è nato a Chieri 49 anni fa e da due presta la sua opera al convento del Canavese. Suo il compito di accogliere i fedeli per la confessione e la preghiera, nutre un grande amore per i giovani e possiede uno spirito «missionario». «Ha portato più volte la parola di Cristo in terre lontane - prosegue il religioso - è la nostra anima critica e noi scherzosamente lo chiamiamo “il giusto”». Laureato in teologia, prima di arrivare a Belmonte, era stato per un lungo periodo Vicario al convento di Monte Mesma, nel Novarese. «Padre Sergio porta nel Dna il suo essere francescano - conclude frate Gabriele -, un vulcano di idee e iniziative, capace in soli due anni di far ritornare agli antichi splendori il santuario di Belmonte». In poco tempo ha instaurato un ottimo rapporto con tutta la comunità del Canavese, diventandone un punto di riferimento. La Curia, in queste ore, ha smentito che il raid possa essere la vendetta di un gruppo di romeni ai quali il padre aveva strappato una giovane clandestina costretta a prostituirsi. Ciò non toglie che «il Giusto» fosse sempre pronto a tendere una mano verso chi aveva bisogno del suo aiuto.
«In poco tempo abbiamo creato un’ottima collaborazione - spiega Davide Brunasso, sindaco di Valperga Canavese -. Padre Sergio è un ottimo religioso, avevamo stilato un piano ben preciso per rilanciare il santuario». Sotto la sua direzione sono stati realizzati dei lavori di ristrutturazione e sempre lui ha fatto blindare le statue sacre in apposite nicchie antisfondamento, per tutelarle da possibili malintenzionati. Non aveva però mai manifestato preoccupazione per i due furti subiti in questi ultimi mesi.

«Questa è la Casa del Signore - ripeteva - la nostra porta e i nostri cuori sono sempre aperti per chiunque ha bisogno». E forse proprio questa sua bontà d’animo gli è stata fatale in quella tragica sera di martedì.
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