All'interno delle quattro tavole rotonde di IMPACT proactive, si è avuta l'opportunità di affrontare diversi aspetti e criticità che possono rendere più problematica la completa e corretta applicazione della Legge 38/2010, normativa di riferimento che tutela il diritto di tutti i cittadini a un'assistenza di qualità e a una terapia appropriata per qualsiasi forma di dolore, anche per quanto riguarda i pazienti pediatrici.
Dal dibattito della prima tavola rotonda, è emerso chiaramente il messaggio che la corretta applicazione della Legge, anche in presenza di tagli in Sanità previsti dalla «spending review», può comunque essere portata avanti attraverso la ricerca di una maggiore appropriatezza diagnostico-terapeutica da parte della classe medica.
Il dibattito più acceso è stato quello della seconda tavola rotonda «Il dolore episodico intenso è presente solo nel malato oncologico?». Prevista inizialmente come opportunità di aggiornamento sul fronte medico-scientifico (qual è la reale incidenza degli episodi di dolore intenso nella patologia oncologica e in altre patologie? Questo problema viene correttamente diagnosticato e trattato? Come fare per migliorarne la diagnosi e il trattamento?), la discussione ha in realtà determinato un confronto molto importante sul diverso atteggiamento degli specialisti presenti (oncologi, terapisti del dolore, palliativisti, neurologi, ortopedici), dei farmacisti e del medico di famiglia nell'affrontare questa specifica tipologia di dolore.
Il problema emerso non è tanto la terapia in sé (esistono farmaci adatti, anche se è rimasta aperta la discussione su quali utilizzare, come e quando), quanto piuttosto il rapporto con il paziente che presenta queste esacerbazioni dolorose. Molto spesso, infatti, non c'è il tempo di comunicare con lui per aiutarlo a spiegare bene quale sia l'intensità di dolore provata e non c'è inoltre la sicurezza di una sua reale aderenza alla terapia di base prescritta.
In questa direzione, un contributo significativo è stato dato dalla Fondazione Alitti che ha realizzato un «patient box» per mettere tutti gli operatori sanitari nella condizione di diagnosticare meglio il dolore, quindi anche gli episodi di maggiore intensità, favorendo un cambio di rotta nella comunicazione medico-paziente.
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