«Sotto tono»: è la parola che torna nei commenti qui al Lido. Lo dicono critici, giornalisti, produttori, compratori, osservatori, semplici passanti. Oggi, naturalmente, Paolo Baratta e Marco Müller diranno il contrario nel corso del tradizionale bilancio di metà Mostra. Ma cè chi, come La Nuova Venezia, possiede cifre diverse, ufficiose, che attesterebbero un notevole calo sul fronte dellindotto legato ai ricevimenti, degli spazi di rappresentanza, dellindustry office. Vedremo. Certo la cittadella della Mostra, domenica pomeriggio, appariva spenta. Nei ristoranti si trova posto senza prenotare (quando mai al Lido?), gli alberghi propongono offerte last minute, scontate. Quanto ai film, la scelta rigorosa compiuta dal direttore Müller - più ricerca e sperimentazione, meno star e nomi sicuri - si sta riflettendo sul clima generale. A prescindere dalla qualità artistica delle opere, sulla quale pure il dibattito è acceso. Voci attendibili rivelano che la giuria presieduta da Wenders segue con qualche impazienza lo snocciolarsi dei titoli in gara, sperando in un colpo dala, nel film-rivelazione che metta tutti daccordo (il più irritato sarebbe il giurato russo, lo sceneggiatore Yurij Nikolaevic Arabov).
LANCIA SI SCUSA. Il Lancia Café, postmoderno cubo-ritrovo eretto sulla terrazza dellExcelsior, telefona e si scusa. «Mosche e mosconi» aveva lamentato cafonerie varie nei confronti dei giornalisti, spesso bloccati sulla porta dal rude body-guard, trattati con sufficienza o scortesia, quasi fossero cercatori di autografi. Non succederà più, promettono le pierre. Grazie. Lorganizzazione sarebbe andata in tilt, con conseguenti disguidi, per via delle eccessive pretese di qualche delegazione. Sarà stato il clan di sua maestà Valentino?
LANCIA SI BALLA. Domenica sera, indossati jeans e t-shirt dopo la cena in onore di Il papà di Giovanna, Carlo Rossella ha animato la festa al Lancia Café. Si entrava solo esibendo un modellino della nuova Delta distribuito a mo di invito. Esauriti i quali sè passati alla parola dordine: pare fosse «Paolo». Come Paolo Mieli, direttore del Corriere della Sera, accomodatosi in prima fila accanto a una giovane attrice, abito rosa e tatuaggio sulla spalla, che appare fuggevolmente nel film di Avati. Pubblico scelto. Via via sono arrivati Vittorio ed Elisabetta, Francesca Neri e Claudio Amendola, Maria Latella, Maria Luisa Agnese, Giampaolo Letta...
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