Il «Tramonto» di Nemes nel buio delle metafore

Delude la pellicola, attesissima, sul destino dell'Europa che va verso la Grande guerra

Nella Budapest del 1913, nobiltà e borghesia cercano di stare al passo della grande rivale absburgica, quella Vienna capitale imperiale che detta legge nel campo della moda e del costume. Nel celebre negozio di cappelli Leiter, che sta per celebrare il proprio trentennale con una grande festa e la riapertura del camerino che fu della defunta e sempre rimpianta principessa Sissi, arriva un giorno una giovane modista, Irisz, figlia degli antichi proprietari. Vorrebbe lavorare lì dove i suoi genitori crearono uno stile, ma la nuova proprietà, rappresentata dal signor Brill, non è d'accordo e la ragazza si vede respinta. Irisz però scopre di avere un fratello, Kálmán, e dietro questo fratello c'è una storia che lo collega a terribili fatti di sangue e una sorta di società segreta che trama contro l'ordine costituito. Affascinata e insieme spaventata, la ragazza si mette alla sua ricerca e si rende conto che dietro quella ditta così prestigiosa si annidano la corruzione e il commercio dei corpi, le modiste come vittime sacrificali della lubricità imperiale. In uno stato quasi di sonnambulismo Irisz oscilla fra la fascinazione e l'orrore per le gesta del fratello e il desiderio di fare parte della società corrotta. Finirà in un massacro, che poi lo scoppio della Grande guerra si incaricherà di trasformare in una gigantesca carneficina e si scoprirà che Irisz e Kálmán non sono altro che la stessa persona...

Sunset, Tramonto, il film di László Nemes, era probabilmente il più atteso qui in concorso. Tre anni fa, con il suo Il figlio di Saul, aveva vinto a Cannes il Gran premio della giuria, a cui era poi seguito l'Oscar per il miglior film straniero e quindi le aspettative erano alte. Proprio per questo la delusione è più cocente perché Tramonto affoga per eccesso di metafora, l'idea di raccontare un'Europa sonnambula morta suicida per i propri peccati. «Questo film parla di una società al bivio - spiega Nemes - Nel cuore dell'Europa ho voluto raccontare la vicenda personale di una giovane donna che diventa il riflesso della nascita del Ventesimo secolo».

Con lo stesso stile da camera a mano di Il figlio di Saul, Tramonto è costruito come un unico stato allucinatorio destinato ad avere effetti catastrofici. «La mia idea era tornare all'inizio del '900 e vedere come una civiltà brillante e cosmopolita precipiti rapidamente dalla luce alle tenebre».

Più che «un labirinto irto di ostacoli da percorrere alla ricerca del significato del mondo», Tramonto sembra un puzzle dove la protagonista non si decide mai su quale pezzo le manchi per completare il disegno. Lo spettatore per un po' sta al gioco, poi vorrebbe rovesciare il tavolo.

SS

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