Prima visione

Oltre le regole di Oren Moverman non meritava un titolo italiano più idoneo a una storia di menopausa che di lutto. Era meglio allora lasciare The Messenger, titolo originale col quale il film apparve al Festival di Berlino del 2009, valendo il premio per la sceneggiatura allo stesso regista e ad Alessandro Camon. The Messenger indica infatti sùbito il personaggio principale della vicenda. Anzi, i personaggi principali: un pluriferito sergente (Ben Foster), appena rientrato dall’Irak e in crisi sentimentale; un pluridecorato capitano (Woody Harrelson). A nome dell’esercito degli Stati Uniti, sono tenuti a informare tempestivamente le famiglie dei caduti della loro sorte. Devono essere solleciti, perché non siano tv o internet all’origine del temuto dolore.
Un caduto, anche nella più ignobile delle guerre, merita rispetto. La triste consegna di annunciarla tocca dunque non a reclute, ma a veterani, sul cui petto si allineno nastrini e medaglie. Ma alle reazioni disperate dei familiari le visibili decorazioni non bastano talora per evitare agli «angeli della morte» l’umiliazione di sentirsi chiamar vili per il solo fatto d’esser vivi.
Nonostante il film sia un succedersi di situazioni amare, Oltre le regole regge bene fino alla fine. Bravi sceneggiatori e interpreti, specie Harrelson, anche se allo spettatore italiano non giungerà la sua voce dal timbro inconfondibile e la pronuncia strascicata. Ma sono anche i suoi silenzi a esprimere l’empatia più profonda per chi soffre. Fra i comprimari rumorosi, Steve Buscemi è un padre sconvolto e furente.

Dopo Giardini di pietra di Francis Ford Coppola, dove la coppia in divisa era formata da James Caan e James Earl Jones, Oltre le regole è il più bel film sul lutto militare. Moverman, reduce israeliano, ha lo stesso talento e la stessa malinconia dei connazionali che hanno firmato recentemente Valzer con Bashir e Lebanon. Oggi il cinema d’Israle non è più solo Amos Gitai.