Prima visione

Altro che prequel di una delle saghe più innovative, ciniche, intelligenti ed aggressive mai prodotte sul nostro grande schermo. Amici miei... come tutto ebbe inizio è un cinepanettone fatto e finito, con pregi (pochissimi) e difetti (tanti). Manca la solita sfilza di parolacce e la Belen di turno ma, per il resto, il tono delle scenette, leggi scherzi, è identico a quello flebile di un qualsiasi «Natale a vattelapesca». Non azzardiamoci a paragoni offensivi con gli Amici miei di Germi (il progetto originale era suo), Monicelli e Loy. Va bene la nostalgia, va bene l’atto d’amore, va bene l’omaggio, ma non scherziamo. Qui, dell’essenza dei cinque amici che non si rassegnavano al sapore amaro della vita, esorcizzando la morte e fuggendo dalle responsabilità della vita adulta prolungando, alla loro maniera, la giovinezza spensierata, non vi è la minima traccia. È mutato il contesto storico per un film del genere, sono cambiati i volti e, soprattutto, lo spessore di trama e zingarate, qui tendenti al debole.
Nel 1487, nella Firenze di Lorenzo De’ Medici, cinque amici, di diversa estrazione sociale, passano il tempo inventando scherzi sempre più pesanti. Sono Duccio (Placido) un consigliere solo di nome ma non di fatto, Cecco (Panariello) l’oste che trova sempre il modo di far lavorare la moglie, Jacopo (Hendel) il medico che scopre di preferire gli uomini, Manfredo (Ghini) vero nullafacente con prole esagerata e Filippo (De Sica) nobile ed infedele. Le giornate trascorrono tra beffe reciproche o con vittime designate. A volte sono giochi innocenti usando, ad esempio, un nano superdotato fatto passare per infante e portato alle suore di un convento, altre invece sono raggiri più crudeli come quello verso il povero legnaiolo Alderighi (Ceccherini) che i cinque convincono di essere un’altra persona scambiandogli così la vita. Ma la sorte si prenderà gioco di uno di loro.
Si ride poco, quasi per nulla.

Un film così può decollare solo per l’inventiva dei raggiri o delle beffe che, invece, scorrono sullo schermo senza lasciare traccia, prevedibili anche nell’esito. Non vi è una sola idea, come i famosi schiaffi alla stazione, per la quale vi ricorderete di questa pellicola. E se fosse proprio questo lo scherzo più riuscito?

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