Prima visione

Esiste il libero arbitrio o è pura utopia? Il nostro è un destino preordinato ed ineluttabile o frutto reale delle nostre scelte? Un dilemma sul quale si sono espressi, con teorie diverse, nei secoli, filosofi, pensatori, scrittori, religioni, mitologie. Ora, il quesito è al centro di questo film che è l’ennesimo adattamento di un racconto di Philip K. Dick, l’autore di culto al quale il cinema si è ispirato per alcune delle pagine più belle della storia del grande schermo come Blade Runner, Atto di forza, Minority Report. O meglio, qui si parte da un piano diverso. Cosa accade quando ti rendi conto che la tua vita è preordinata da qualcuno che sta in alto? Che ti puoi muovere liberamente solo se non vai contro il disegno che è stato tracciato sulla tua vita? Interrogativi che sono al centro del breve racconto di Dick «Squadra riparazioni» anche se nel film cambia il mestiere del protagonista. Dall’agente di assicurazioni immaginato da Dick ci ritroviamo, sul grande schermo, un giovane politico in carriera, cui presta volto un Matt Damon in versione Bourne. La modifica l’ha voluta il regista e sceneggiatore George Nolfi che ambiva ad interagire con un personaggio le cui scelte e decisioni avessero un effetto più diretto ed influente anche sugli altri, al fine di meglio sostenere le tematiche di una storia bizzarra sì ma intrigante.
David è un giovane politico democratico in ascesa. Potrebbe addirittura diventare il futuro Presidente degli Usa; almeno, secondo un disegno superiore sul quale devono sorvegliare i «guardiani del destino» del titolo, sorta di angeli col compito di verificare che gli uomini non deviino dal cammino tracciato dall’alto. L’incontro con la bella ballerina Elise creerà non pochi problemi agli agenti in giacca, cravatta e Borsalino perché la love story tra il politico rampante e la ragazza manderebbe all’aria i piani del loro Presidente. Venuto a conoscenza dell’inesistenza del libero arbitrio, David sfiderà apertamente, per amore, la Storia già (di)segnata e i suoi guardiani, anche a costo di vanificare un futuro politico così promettente.

Plot accattivante e da dibattito con gli amici ma vanificato dalla mano incerta di un regista, Nolfi, che ci serve, come dessert, uno dei lieti fine più mielosi e semplificati del grande schermo. Peccato che i «guardiani» non siano riusciti a modificarne la sua ispirazione.

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