di Riccardo Signori
Alla fine Milan-Napoli è stata solo ammuina. Sì, certo gergo alla napoletana, ma è il Napoli che regala la delusione a questo campionato. Poteva stare dietro alla Juve e non c'è mai riuscito, poteva buttar tre punti e rendere più elettrizzante il gran finale con il Milan, ma non è autolesionista. Poteva vincere e dare un colpo d'ala a questi mesi, ma non ha l'impronta del protagonista vero. È il solito Napoli firmato Mazzarri: gli manca sempre qualcosa.
E allora si sono rifugiati, Napoli e Milan, nella mediocrità di un pareggio che nel pallone è il segno delle incompiute. Era più logico pensare a un Milan vincente con tutto quello strombazzare intorno al bello delle sue coppie, del suo far punti a dispetto di un inizio deludente. Invece sarà vita dura, anzi più dura a cominciare da domenica prossima, appuntamento allo Juventus stadium. Volevate sapere qualcosa di più sul campionato? Ora avrete capito quel qualcosa di meno che ha fatto galleggiare le nostre due sempre così lontano dalla Juve. Ringrazierà la Signora per questa partita piena di fumo e quel pizzico di confusione al potere, vanno al gol Flamini e Pandev e tanto dovrebbe dire: viva la fiera dei portaborracce nella serata in cui Balotelli sta in tribuna e El Shaarawy passa gran parte dell'ora e mezza in panchina, con Cavani «ci provo ma non ci riesco» e Hamsik reuccio del «ho fatto, ho fatto ma non ho visto niente». Si sono visti nervi e falli, pochi tiri in porta e un pizzico di muffa. Campionato che rischia di raggomitolarsi solo intorno alla lotta per il terzo posto. Un po' poco. Anche se c'è di peggio. Milano insegna.
Il caso Inter sta diventando da libro dei ricordi. Ci eravamo dimenticati degli stati di crisi nerazzurri dopo aver vissuto i fasti made in Mancini e made in Mourinho. Qui siamo tornati al deja vu: si parla di infortuni e arbitri, di sfortuna, di gol mancati e di una difesa fragile.
Ieri il Cagliari ha perso Cossu, ma nessuno ne ha fatto drammi. L'Inter ha perso Gargano e dai discorsi del post partita pareva fosse uscito Beckenbauer. Pinilla che dice «Al tocco mi sono buttato» è molto più credibile di chi parla disinvoltamente di buona e cattiva fede arbitrale. Ieri l'arbitro ha concesso un rigore discutibile, ma ne aveva negato un altro al Cagliari. Filosoficamente ha ragione Moratti: la compensazione non è buona fede. Ma non è chiaro cosa pensi nel caso di torti subiti dagli avversari.
Gli infortuni hanno pesato eccome. Inter sfortunata d'accordo, ma troppe squadre l'hanno battuta e ridimensionata (4 sconfitte nelle ultime 5 partite). Ora rimane una sola prova d'appello: conquistare la finale di coppa Italia. Senza storie e senza alibi.
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