Sportivi, viaggiatori e digitali la seconda vita della tribù grigia

Un esercito di oltre 11 milioni che non si occupa solo dei nipoti: sono iperattivi e vogliono contare

«L' impegno dei nonni a servire le future generazioni è un atto d'accusa verso la politica che ragiona a vista, sull'immediato, incapace di pensiero lungo» dice Eugenia Scabini, docente di psicologia sociale all'Università Cattolica di Milano e presidente del Comitato scientifico del Centro di ateneo studi e ricerche sulla famiglia. «Sono anziani attivi, danno un contributo che va ben oltre l'accudimento dei nipoti e il ruolo di tappabuchi sociale; ma vogliono dire la loro su temi fondanti che hanno un impatto a lungo termine, come ad esempio l'educazione. Sono gli unici che pensano per generazioni».

La docente dice che il movimento Nonni 2.0 le ricorda l'istituzione in Giappone del ministero dei «non nati», una visione della comunità che va oltre gli interessi dei soli cittadini viventi. Ma è anche il risultato politico di fattori demografici i quali, appunto, ci accomunano al Giappone, dove la richiesta di pannoloni ha superato quella dei pannolini.

In Italia, ultimi dati Istat, i nonni sono 11 milioni e 500mila ed è interessante scoprire che solo il 7 per cento di loro vive con i nipoti: generalmente più le nonne che i nonni (l'8 per cento contro il 5,6 per cento). Ma è un'autonomia che non vuol dire frattura con il proprio nucleo: «La famiglia in Italia - dice la Scabini - pur risentendo del trend occidentale di sfaldamento, resta ancora il contesto naturale dell'esistenza» tanto che quasi il 50 per cento dei nonni che non vivono con il nipote (infatti sempre più spesso si tratta di nipote unico) lo vedono quotidianamente e il 70 per cento risiede nello stesso comune, un nonno su quattro abita entro un chilometro di distanza dai nipoti.

Altro dato dalle forti implicazioni sociali è che oggi non è più una rarità avere ancora nonni viventi ben oltre l'infanzia: addirittura quasi il 90 per cento dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni hanno un nonno vivente, il quale spesso sopperisce al ruolo di un genitore in caso di divorzio, con dinamiche di rapporto più di complicità che di autorità. E molti bambini delle ultime generazioni hanno tutti e quattro i nonni, mentre un tempo era considerata una fortuna già averne due. Nella famiglie allargate poi, i nonni diventano una tribù. Altro fatto nuovo e determinante per capire l'attivismo sociale inedito degli over-sessanta è che, a parità di età, i nonni di oggi sembrano i figli dei nonni di trent'anni fa, si adeguano ai cambiamenti, curano il corpo e l'abbigliamento, praticano sport, guidano, salgono su treni ed aerei, usano il telefonino, inviano e-mail e, soprattutto, non pensano di essere vecchi, semmai si considerano degli adulti maturi.

Secondo una ricerca del Censis sullo stile di vita, gli ultrasessantenni italiani pongono ai primi due posti una vita attiva (51%) e mantenere rapporti con i giovani e i nipoti (46,1%); seguono tenere allenata la mente (45,8%), avere una fede religiosa (27,6%), essere autonomi (27,5%), essere aperti alle relazioni con gli altri (22,2%). «Questi cambiamenti nella percezione di sé e nell'immagine sociale dell'anziano - sottolinea ancora la Scabini - fanno sì che anche i rapporti con i nipoti siano diversi, improntati non all'austerità, ma al dinamismo». Tuttavia l'aspetto epocale, indicato da un movimento come quello dei «Nonni 2.0», è che hanno la forza e la visione per impegnarsi oltre, soprattutto su temi che magari i contemporanei in carriera dribblano per convenienza o conformismo.

Questa strana razza di nonni antimoderni salta una generazione, quella dei loro figli, con cui esistono ancora contiguità e forme di egoismo ambivalente immediato, e prova a rendersi utile, con realismo e pacatezza, preservando un po' di buon senso per quelle che verranno.

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