la stanza di Mario CerviI Patti Lateranensi furono un colpo di genio di Mussolini

Le massime autorità istituzionali dello Stato hanno commemorato l'ottantaquattresimo anniversario dei Patti Lateranensi. Non è giusto pensare che i Patti, cioè la conciliazione fra Stato italiano e Vaticano, possano essere annoverati, storicamente parlando, tra le buone cose realizzate durante il fascismo?
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All'interrogativo proposto dal senatore Turini si deve rispondere risolutamente sì. La Conciliazione pose fine alla «questione romana» che aveva intossicato i primi decenni dell'Italia unita. Un'Italia dove i «padri della Patria» - Cavour, Vittorio Emanuele II, Garibaldi - morirono scomunicati. La conciliazione fu un traguardo che ancora dura e che, infatti, ancora viene celebrato. Con il governo Craxi i Patti ebbero un aggiornamento, ma nella sostanza conservarono l'impronta del 1929. Il Mussolini dei primi anni di potere ebbe intuizioni geniali. Tra queste la necessità che, in un Paese a schiacciante maggioranza cattolica, il Papa non si considerasse più prigioniero in Vaticano. L'apertura alla Santa Sede venne da un politico che aveva praticato, negli anni «socialisti», un anticlericalismo forsennato. E venne con Vittorio Emanuele III, il quale dei preti diffidava. Questo duplice ostacolo fu superato nel nome di un pragmatismo spregiudicato e intelligente. Dal Papa d'allora, Pio XI, Mussolini fu considerato, come tutti sappiamo, «l'uomo della Provvidenza». Per i tanti che bocciano in toto il ventennio la conciliazione non merita gli elogi che le sono stati tributati. Perché ha concesso troppo alla Chiesa - tra l'altro il riconoscimento del cattolicesimo come religione di Stato - e perché dalla Chiesa ha ottenuto un avallo importantissimo alle misure autoritarie del fascismo.

Non m'inoltro in questa disquisizione. Rilevo soltanto che con un colpo da maestro l'Insonne si guadagnò il consenso di milioni d'italiani e l'appoggio d'una istituzione la cui influenza sulle vicende della Penisola era e rimane importantissima.

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