Una stretta di mano di troppo svela l’ansia dell’ex leader Cisl

da Roma

Come impone il bon ton, è stato il più «giovane» Franco Marini ad avvicinarsi all’antagonista Giulio Andreotti, seduto al suo posto, per stringergli la mano e fargli il rituale in bocca al lupo. È successo per la verità due volte, in forme diverse: la prima, nei minuti antecedenti la votazione d’esordio. I maligni hanno contato non più di un minuto e quaranta secondi di conversazione tra i due sfidanti, il tempo «tecnico» del politically correct.
La seconda volta è stata dopo la conclusione della successiva votazione delle 16.30, quando l’ex segretario Cisl si è avvicinato ancora ad Andreotti, seduto nella sezione centrale, in seconda fila. Gli ha stretto la mano nel nobile gesto del vincitore, prima di sapere che la votazione era annullata.
Per Franco Marini è stata una giornata piena di nervosismo e di beffe. Il suo nome e cognome storpiati in strani modi, «Mariti», «Marino», poi lo sgambetto del «Francesco». Ha cercato di darlo poco a vedere, ma questo «giocare» deve averlo molto irritato.
Prima che iniziasse il giorno più lungo a Palazzo Madama, il candidato dell’Unione aveva riconosciuto la forza dell’avversario: «Mi è difficile considerare Andreotti un avversario, è un confronto tra democristiani. Comunque sono sereno, conosco i confronti più difficili».

Si era tuttavia mantenuto cauto: «Vedo che la nostra coalizione, senza facili ottimismi, è convinta».
Tra i primi a salutarlo all’ingresso del Senato, Marco Pannella in versione centauro, che gli si è avvicinato con il casco e poi gli ha mostrato il volto per dirgli: «Auguri Franco».

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