Studi professionali e Ict, se dall’innovazione arrivano opportunità

L'investimento in nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione da parte dei commercialisti costituisce uno stimolo all'innovazione delle imprese e, ultima analisi, per l'intero sistema Paese. Lo dimostra una ricerca del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili
Mark Twain sosteneva che l'abitudine non si può gettare dalla finestra, ma al massimo giù per le scale, un gradino alla volta; oggi forse potrebbe ricredersi osservando, a esempio, il nostro repentino passaggio alle modalità di utilizzo dei nuovi strumenti per comunicare. Dal mouse al tocco, dal server al cloud, sono molti i paradigmi che vengono all'improvviso messi in crisi dall'evoluzione tecnologica. Con un significativo cambiamento rispetto a quanto accadeva fino a poco tempo fa: si parla infatti di consumerizzazione per descrivere il fenomeno che vede il «consumatore privato» influenzare fortemente l'adozione e l'uso delle tecnologie più evolute in ambiente lavorativo. Tablet, smartphone, social media, cloud, indipendenza, mobilità, condivisione, semplicità sono le parole chiave e si intravedono i segnali di una nuova fase dell'Ict (le tecnologie dell'informazione e della comunicazione) anche per il mondo degli studi professionali.
La School of Management del Politecnico di Milano ha recentemente lanciato l'Osservatorio Ict&Commercialisti, nato dalla collaborazione con il Cndcec (Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili) e supportato in questa sua prima edizione da diverse organizzazioni, fra cui Wolters Kluwer Italia.
«Da un lato - afferma Paolo Catti, responsabile della ricerca - le tecnologie dell'informazione e della comunicazione possono offrire molte opportunità di sviluppo alle imprese. Dall'altro, i commercialisti lavorano a stretto contatto con le imprese, e in particolare con quelle più piccole: sono spesso a fianco degli imprenditori, siedono nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali, partecipano, insomma, alla vita delle imprese. Fare il punto sulla relazione tra Ict e commercialisti può quindi aiutare a diffondere la necessaria “cultura dell'innovazione Ict” in primo luogo tra i professionisti, e poi per le imprese - soprattutto le più piccole - del nostro sistema paese. Se commercialisti e tecnologie dell'informazione e della comunicazione vanno d'accordo, è possibile che si diffonda più facilmente un impulso allo sviluppo dell'informatica nelle imprese a beneficio dell'intero sistema Paese».
«L'obiettivo dell'Osservatorio - prosegue Catti - è quello di valutare la diffusione delle tecnologie informatiche e la propensione dei commercialisti a investire nelle Ict. Abbiamo previsto un focus sulla dematerializzazione dei documenti, andando ad approfondire quanto già presentato in un recente contributo, pubblicato sul sito del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili (www.cndcec.it Area Istituzionale). Da questa Ricerca è emerso un dato particolarmente interessante: i commercialisti che adottano soluzioni di dematerializzazione tendono a consigliarne l'adozione anche ai propri clienti in modo decisamente superiore rispetto a chi non ricorre a questo tipo di soluzioni. Non ci fermeremo, però, alla sola dematerializzazione: andremo anche ad analizzare come viene percepita la possibilità di avere “lo studio sempre in tasca”, grazie per esempio alle soluzioni mobile e/o al cloud».


E rispetto a quest'ultimo tema, i segnali di attenzione e di interesse si stanno moltiplicando e le esperienze concrete di adozione di una soluzione SaaS (Software as a Service) per la gestione di contabilità, dichiarazioni e paghe, dimostrano che le resistenze di tipo culturale possono essere superate dall'evidenza di benefici concreti e misurabili.

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