Dispaccio da Gori: qui tutto calmo. Un silenzio di morte. La città è deserta. Poche persone corrono a vuoto. Sono per lo più anziani. I negozi sono sbarrati. Niente pane. Niente acqua. Nessun centro d’accoglienza per i profughi e i senza tetto. «Eppure il governo avrebbe dovuto organizzarsi. Almeno in queste zone così vicine all’area del conflitto» esclama indignato Koba Liklikadze nel suo report per Radio Free Europe dalla città natale di Stalin, pesantemente bombardata dall’aviazione russa. Poi la sera arriva la denuncia del presidente Saakashvili: i carri armati russi sono già in Georgia, ben oltre l’Ossezia del Sud. «Si preparano ad assaltare Gori via terra. Ci invadono».
È il terzo giorno di conflitto in Georgia e nelle Repubbliche separatiste di Abkhazia e Ossezia del Sud. Sul campo si continua a morire, la gente a scappare. Per la Croce Rossa sono 40mila i profughi in Ossezia del nord. In parallelo va avanti anche la battaglia di «propaganda diplomatica» tra Mosca e Tbilisi fatta di affermazioni e smentite. Niente di chiaro sul ritiro georgiano fino a tarda serata. Il ministero russo degli Esteri affermava di aver ricevuto una nota nella quale si dice che le forze di Tbilisi hanno lasciato Tskhinvali, mantengono un cessate-il-fuoco e si chiedono negoziati. Poi sottolinea, però, che in base alle testimonianze dei suoi soldati i combattimenti continuano. Dal canto suo la Georgia sostiene di aver ordinato il cessate-il-fuoco alle proprie truppe e fatto appello alla Russia per l’inizio di colloqui che mettano fine alle ostilità. Solo molte ore dopo Mosca riconosce il ritiro. Niente di chiaro sui bombardamenti e gli attacchi in mare. Dal ministero della Difesa russo riferiscono che unità della Marina russa hanno affondato una motovedetta lancia-missili georgiana che cercava a sua volta di attaccarle. Nel pomeriggio il ministero georgiano dell'Interno ha riferito che aerei russi hanno sganciato una bomba a 200 metri da una pista dell'aeroporto internazionale di Tbilisi. Un altro aereo avrebbe attaccato un aeroporto militare alla periferia della capitale georgiana. Le bombe sono cadute vicino a un hangar e non sono stati registrati danni alle installazioni vicine. Almeno 15 esplosioni inoltre sono state ancora avvertite a Tskhinvali, il capoluogo dell'Ossezia del Sud, teatro dei primi e feroci combattimenti.
Puntualmente Mosca smentisce.
L’altra spina nel fianco del presidente georgiano Saakashvili si chiama Abkhazia, dove ieri si è votato lo stato di guerra per cinque province vicine al confine e alle gole di Kodori. Qui sono attestate le forze georgiane, sottoposte a pesanti bombardamenti aerei e dell’artiglieria abkhazi. Bombe sono piovute anche su Zugdidi, nel nord-ovest, che a detta di alcuni testimoni è già una città fantasma. Per queste azioni la Georgia accusa l’aviazione russa. Mosca rimanda al mittente, ma in serata arriva la conferma degli osservatori Onu.
Ancora confusione anche sul bilancio delle vittime. Tra le cifre gonfiate dei russi e degli osseti (duemila morti) e quelle più contenute (94) dei georgiani.
L’unica cosa su cui si concorda è che la maggior parte di loro sono civili. A sera arriva la conferma che i duemila militari che Saakashvili aveva inviato in Irak al fianco degli americani stanno rientrando con un ponte aereo, cui Washington collabora, per difendere la patria in pericolo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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