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Tlc e mercato, la concorrenza sull’ultimo miglio non s’ha da fare

di Massimiliano Trovato*

La concorrenza nell’ultimo miglio non s’ha da fare. Il revirement governativo - dapprima col deposito di un emendamento al «decreto semplificazioni», infine con un autonomo decreto legge che affronta anche l’altro capitolo diabolico delle commissioni bancarie - conclude la vicenda dell’unbundling. Una vittoria per Telecom e Agcom; una sconfitta per la concorrenza e i consumatori?
Come noto, l’ex operatore pubblico mantiene un sostanziale monopolio sul segmento della rete che entra nelle case. Per consentire lo sviluppo di un mercato concorrenziale delle tlc, agli operatori alternativi è garantita la possibilità di sfruttare quel «doppino» per prestare i propri servizi ai clienti. Tale meccanismo di accesso include due componenti distinte: il noleggio della risorsa fisica e le attività accessorie (attivazione e manutenzione); sebbene solo la prima debba per necessità logica essere fornita dal titolare delle infrastrutture, esse sono al momento offerte congiuntamente.
Da tale constatazione nasceva la proposta di aprire al mercato i servizi accessori, imponendone l’offerta e la tariffazione separate, e introducendo la facoltà per gli operatori alternativi di acquistarli da imprese autonome. Apriti, cielo! Secondo i critici, l’approvazione della misura avrebbe minato l’indipendenza dell’Agcom; messo a repentaglio la sicurezza delle comunicazioni; persino rappresentato un espropro surrettizio. Le pressioni hanno trovato sponda nell’esecutivo, che ha mantenuto in vita un principio di trasparenza di per sé encomiabile (la tariffazione separata), disinnescando al contempo l’effettiva portata innovativa della norma (il via a un mercato della manutenzione).
Una liberalizzazione dell’ultimo miglio, pur nei limiti inerenti alla struttura di un settore che ancora ruota intorno a Telecom, avrebbe giovato a una dinamica competitiva che, contrariamente alle opinioni dei «negazionisti», affronta evidenti problemi: basti osservare che l’utilizzo dell’unbundling appare in calo, mentre le tariffe sono in aumento dal 2005, in controtendenza con quanto accade nell’Ue. Per questo, il ripensamento dell’eecutivo pesa due volte: perché oltre a blindare un segmento di mercato relativamente leggero (varrebbe circa 200 milioni; e a fronte di un canone per l’unbundling di 9,28 euro, la quota relativa ai servizi accessori è di circa 2 euro), perpetua il monopolio morbido delle tlc italiane.

Ora la parola passa al regolatore, che dovrà pronunciarsi entro 120 giorni sull’offerta disaggregata. L'Agcom ha ottenuto quanto pretendeva, con la riconferma delle prerogative tanto gelosamente custodite. C’è da sperare che ne faccia buon uso.
*Istituto Bruno Leoni

Twitter: @masstrovato

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