Comè triste Venezia, cantava, tanti anni fa, Aznavour. Comè triste oggi lEpifania milanese. Il 6 gennaio sono andata ad assistere al celebre corteo dei Magi che sfilano dal Duomo alla basilica di SantEustorgio. Nutrivo aspettative, dopo aver letto le pagine delle cronache milanesi. Sono arrivati in piazza Duomo una decina di bersaglieri veterani, di corsa con la fanfara, seguiti da altrettanti veterani su biciclette depoca: carini e commoventi, ma il corteo? È arrivata la banda del Comune in formazione ridotta (le ferie), suonando svogliatamente una marcetta, seguita da un gruppetto di figuranti con costumi stinti, sfilacciati e stazzonati. Età media, a parte uno dei Magi: 70 anni. Ora io non ho nulla contro le signore anziane che sfilano (figurarsi, sono anzianotta anchio) ma bisognerebbe almeno insegnar loro che ci si pettina a dovere, si tolgono gli occhiali e si sfila a testa alta e a passo da parata e non come se gravate dai sacchetti del supermercato. E poi, in tutta Milano una ventina di belle ragazze proprio non si trovano?
«I cammelli, arrivano i cammelli!», ha gridato un bambino. Cammelli niet, sono arrivati quattro ronzinanti neppure guarniti di sontuose gualdrappe. E poi? Basta. Una successiva passeggiata ha aumentato la malinconia. Lalbero in piazza Duomo faceva tanto «Natale al Lager», da scheletrico e spelacchiato che era. Migliore comunque che alla sera quando si è acceso di iettatorie lucine viola. Il resto era un desolante susseguirsi di serrande sotto i portici di corso Vittorio Emanuele, che essendo chiuse, rivelavano lantica ruggine, in perfetto accordo con il pavimento tutto crepe e coperto dalle bolle scure di migliaia di gomme da masticare sputate e con le colonne coperte di scritte.
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