da Milano
Gli americani - si sa - non sono mai stati votati al risparmio. Uninestinguibile febbre da shopping li ha sempre connotati come un popolo di cicale. Adesso, però, stanno forse esagerando. Nel 2006, hanno infatti riportato indietro le lancette di ben 87 anni: per lesattezza al 1933, quando il tasso di risparmio crollò a uno dei più bassi livelli di tutti i tempi. Con una differenza: allora, il New Deal rooseveltiano aveva appena preso le mosse, e gli strascichi della Grande depressione ancora si facevano sentire impedendo a molti consumatori di accantonare parte del reddito. Adesso, invece, si spende più di quanto si guadagna (il tasso di risparmio è risultato negativo dell1%), con due possibili alternative: intaccare quanto messo da parte in precedenza, oppure accendere un mutuo in modo da poter soddisfare la propria voglia di acquisti. Non è un caso che il credito al consumo abbia raggiunto negli Usa cifre da capogiro, al punto da indurre già qualche anno fa lex presidente della Federal reserve, Alan Greenspan, a lanciare lallarme sulle conseguenze negative sulle abitudini di spesa che avrebbero potuto avere rialzi dei tassi dinteresse. Labitudine americana di rifinanziare i mutui casa giocando sulla plusvalenza (virtuale) dellimmobile, proprio alla scopo di sostenere (o aumentare) i propri standard di vita, è un altro aspetto che ha non poco inquietato la banca centrale di Washington proprio in relazione alla recente crisi del mercato immobiliare. Naturalmente, lattitudine spendacciona degli americani ha anche risvolti positivi, dal momento che le spese private garantiscono un terzo del Pil Usa.
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