Il veto dei verdi è dovuto all’ignoranza: l’apertura all’agricoltura geneticamente modificata sconfiggerà la fame nel mondo

Il ministro Clini ha ragione da vendere quando afferma che gli Ogm - organismi geneticamente migliorati - sono utili. In realtà, essi sono anche necessari. E, inoltre, sono la tecnologia agricola più sicura e più rispettosa dell’ambiente che abbiamo a disposizione.
Si stima che per il 2030 la popolazione mondiale salirà a 8 miliardi. È pertanto essenziale aumentare la produzione e migliorare le tecniche di conservazione del cibo necessario al mantenimento di tutti. Un miliardo di persone non ha sufficiente cibo; e la denutrizione è certamente responsabile per una buona metà di quei 12 milioni di bambini che ogni anno muoiono nei paesi sottosviluppati prima del compimento del quinto anno di vita. In aggiunta alla carenza di cibo, quel che c’è è carente di micronutrienti essenziali, specialmente vitamina A e ferro. Una circostanza, questa, che l’agricoltura tradizionale non è in grado di affrontare. È un fatto che l’ingegneria genetica consente di ottenere vegetali meno deperibili, con apporti nutritivi aumentati nella direzione che più ci aggrada, resistenti all’attacco di agenti esterni non desiderati. Mezzo milione di bambini l’anno diventano ciechi e decine di milioni l’anno nascono sottopeso da madri che soffrono di anemia perché il riso - quasi unica loro fonte di nutrizione - è, per sua natura, carente di ferro oltre che di pro-vitamina A. In Africa, le piantagioni di riso sono devastate dal virus Rymv, contro il quale i metodi tradizionali hanno registrato solo fallimenti. Ebbene, l’ingegneria genetica è in grado di fornire riso ricco di pro-vitamina A e di ferro, e resistente al virus Rymv. Quel che è vero per il riso africano, è vero in generale: ove è richiesta una risposta qualificata alle perdite di raccolto (per attacchi di parassiti e funghi, per malattie, per eccessiva salinità dei suoli, siccità, gelate), quella risposta oggi esiste e si chiama ingegneria genetica.
Grazie alle campagne condotte dalle associazioni ambientaliste - che personalmente considero la cancrena della nostra società - è oggi radicata nell’opinione pubblica italiana la convinzione che l’inserimento di un gene nel Dna di una pianta costituisca, di per sé, un inaccettabile rischio. Gli Stati Uniti, il Canada, la Cina, l’India e molti altri Paesi, per un totale di più di 3 miliardi di persone, coltivano ed utilizzano piante geneticamente migliorate (Gm). La scienza ha dimostrato che la nuova tecnologia, in sé, comporta rischi per la salute e per l’ambiente che sono non maggiori - ma semmai minori - dei rischi, già verificati ed accettati, dell’agricoltura sia tradizionale che biologica, con quest’ultima la più rischiosa che c’è. La ragione è semplice. Innanzitutto, l’agricoltura non è natura: il prodotto agricolo è il risultato artificiale di modificazioni genetiche, inconsapevoli, incontrollate e su centinaia di geni, operate con l’incrocio e con la mutagenesi indotta da agenti fisici o chimici. L’ingegneria genetica modifica, in modo controllato e consapevole, solo pochi geni. Ove l’agricoltura tradizionale usa il cannone e a caso, l’ingegneria genetica usa il bisturi.
Allora, messo in toni realistici, il problema dei rischi dell’agricoltura geneticamente migliorata andrebbe forse meglio affrontato con la seguente ottica: si accettino le piante Gm se il loro rischio è eguale o inferiore a quello che oggi accettiamo per le piante prodotte con le modificazioni genetiche tradizionali (incroci e mutazioni).


Allora, ministro Clini, lei è stato bravo con le parole. Lo sia anche coi fatti: lasci perdere le associazioni ambientaliste e ne denunci l’ignoranza e l’arroganza. E ottenga, invece, il sostegno della comunità scientifica: essa è con lei.

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