Cronache

Dem ago della bilancia ma l'impasse è totale

A 48 ore dal voto la strada per la soluzione del rebus davanti al quale si trova Mattarella sembra essere sempre più in salita

Dem ago della bilancia ma l'impasse è totale

A 48 ore dalla chiusura dei seggi la strada che dovrebbe portare alla soluzione del difficile rebus davanti al quale si trova Sergio Mattarella sembra essere sempre più in salita. Per ragioni diverse ma con una problematica comune: visti i numeri del prossimo Parlamento, sia per formare un governo a guida M5s che per un esecutivo a trazione centrodestra serve un sostegno corposo da parte del Pd. Che, magari non dal punto di vista tecnico e formale ma di certo sotto il profilo politico, dovrebbe sostenere l'una o l'altra soluzione. Uno scenario che al momento, vista la guerra interna ai dem e la forbice di seggi che mancano a un eventuale maggioranza, non sembra facilmente percorribile.

Certo, la strada è ancora lunga e, si sa, i primi passi di un confronto così complicato e difficile sono sempre i più faticosi. Insomma, serve tempo per far decantare ostilità e veti contrapposti, così da dare la possibilità agli ambasciatori di smussare gli angoli. Il problema, però, è numerico. Un esecutivo di centrodestra avrebbe infatti bisogno di almeno 55 voti alla Camera e 35 al Senato, di fatto più della metà del seggi che dovrebbe avere il Pd (dato sotto i 90 a Montecitorio e sopra i 40 a Palazzo Madama). Per non parlare di un governo a guida M5s, che per avere una maggioranza deve «trovare» circa 100 deputati e almeno 50 senatori. Sono numeri impegnativi e che di fatto escludono soluzioni poco chiare, magari grazie alla solita pattuglia di fuoriusciti da questo o quel partito. Allo stato, insomma, il Pd è l'ago della bilancia del prossimo governo. A complicare una situazione già complessa - perché è chiaro che per i dem appoggiare i Cinque stelle da una parte o Matteo Salvini dall'altra equivale a rinnegare la loro storia e la loro ragion d'essere - c'è lo scontro interno al Pd con Matteo Renzi deciso a tenere il partito all'opposizione. Un pezzo importante dei dem - non solo Michele Emiliano, Francesco Boccia e Sergio Chiamparino - non la vede però allo stesso modo, tanto che un canale con il M5s è stato aperto e della cosa era stato messo al corrente anche il Quirinale. Battendo i pugni sul tavolo, però, l'ex premier ha minato la trattativa sul nascere, perché certe operazioni - presidenza del Senato a un esponente del Pd in vista di un sostegno a un futuro governo a Cinque stelle - vanno in porto solo se restano sottotraccia fino all'ultimo. L'appuntamento è per lunedì, quando si terrà una direzione del Pd che si annuncia infuocata. Solo allora si potrà iniziare a capire se l'appello lanciato ieri da Luigi Di Maio può trovare risposte positive tra i dem.

Anche la strada di un governo a guida centrodestra appare piuttosto in salita. Servono meno voti per arrivare alla maggioranza, certo, ma ci vuole che una parte corposa di deputati eletti con il Pd sostenga un esecutivo con Salvini e Giorgia Meloni. E questo, sempre che il leader della Lega - uno dei due vincitori di questa tornata elettorale - acconsenta a entrare in una maggioranza con quel che resta del Pd renziano. D'altra parte, la scelta di presentarsi alle consultazioni al Quirinale con un'unica delegazione allontana l'ipotesi di una possibile scomposizione del centrodestra in un'eventuale prospettiva di larghe intese (che senza la Lega non avrebbero comunque i numeri).

Insomma, per Mattarella un dilemma che a oggi appare di difficile soluzione.

Una partita che per ora è congelata in attesa della resa dei conti dentro il Pd e dell'elezione del presidente del Senato, prima prova generale di una possibile maggioranza, che si terrà tra il 23 e il 24 marzo.

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