Cronache

Sequestrata e stuprata per 13 anni da un pakistano: la tragedia di Anna

L'occasione per scappare si presentò quando un'infermiera andò a visitarla e la ragazza le consegnò un biglietto in cui chiedeva disperatamente aiuto

Sequestrata e stuprata per 13 anni da un pakistano: la tragedia di Anna

Si fa chiamare Anna Ruston, ha 44 anni ed è cittadina britannica. Sostiene di essere stata sequestrata quando era appena 15enne e da allora di essere rimasta segregata in una squallida stanza per 13 anni consecutivi, violentata e seviziata ogni notte dal proprio rapitore.

La storia raccapricciante arriva dai giornali inglesi e ricorda quella di Natascha Kampusch: la bambina austriaca di soli 10 anni fatta prigioniera nel 1988 a Vienna dal pedofilo Wolfgang Priklopil, e riuscita a scappare soltanto oltre otto anni dopo. Oppure quella riguardante Elisabeth Fritzl: letteralmente sepolta sempre in Austria dal padre Josef in un bunker per poco meno di venticinque anni.

C'è però una differenza tra questa storia e le altre: dell'incubo vissuto da Natascha ed Elisabeth esistono prove e riscontri oggettivi, di quello descritto da Anna niente di niente. Lei stessa sostiene di non aver avuto la forza di portare l'aguzzino davanti alla giustizia, temendo ritorsioni. La vicenda, vera o falsa che sia, è narrata in un libro intitolato "Sex Slave", cioè "Schiava sessuale", che avrebbe scritto per liberarsi dal dolore.

Il vero nome della vittima è ignoto, così come i luogo della cattura e quello di detenzione. Anna afferma però che, abbandonata dai genitori, si guadagnava da vivere lavorando in una stazione di taxi. Un brutto giorno conobbe uno dei conducenti, tale Malik, di origini pakistane, con il quale strinse amicizia: al punto che a un certo punto lui la invitò a casa, con il pretesto di offrirle un tè e intanto presentarle la famiglia. Le propose poi di fermarsi a dormire, e a quel punto scattò la trappola: la porta della camera dove era incautamente entrata non si sarebbe più riaperta, se non le rare volte in cui le era consentito andare al bagno, perchè di solito si doveva accontentare di una latta.

Malik la apostrafava come "sgualdrina bianca", la picchiava in continuazione, abusava di lei, la spaventava a morte minacciando di ucciderla se avesse tentato di fuggire. E infatti, nell'unica occasione in cui la ragazza ci provò, venne picchiata.

I parenti con cui il taxista abitava erano a conoscenza di tutto tanto che Anna veniva data come ricompensava ai fratelli del sequestratore. Ci furono i ripetuti parti, quindi l'implacabile e puntuale distacco dai neonati, ceduti sempre a estranei per soldi. Il momento peggiore arrivò tuttavia ancora dopo: quando Malik le comunicò che lui e la famiglia sarebbero rientrati per un periodo in Pakistan, aggiungendo che l'avrebbero portata con sè. Lei non ci credette, era certa che "mi avrebbero lasciata in casa, a morire di fame", oppure "avrebbero venduto anche me" a terzi.

L'occasione per scappare dai suoi aguzzini si presentò quando un'infermiera andò a visitarla e la ragazza le consegnò un biglietto in cui chiedeva disperatamente aiuto. "Lo lasciai cadere a terra e lei, che doveva aver subodorato qualcosa, lo nascose sotto a un piede e poi lo raccolse". La donna al momento del commiato le presentò un modulo da firmare, sul quale aveva scritto che "quando sarò fuori ad aspettarti, farò prima squillare tre volte il telefono". Decisivo per la salvezza di Anna fu l'avvento di "Eid al-Fitr", la festività che segna la fine del Ramadan, il mese consacrato dai fedeli musulmani al digiuno diurno: sapeva che Malik e gli altri sarebbero stati concentrati sulle loro preghiere, e infatti quasi non le prestarono attenzione quando lei chiese di andare alla toilette.

Sperava di forzare la porta sul retro dell'abitazione, ma per un autentico colpo di fortuna trovò invece una chiave inserita nella serratura di quella principale, aprì e si catapultò fuori, soccorsa dall'infermiera in attesa. Quando poi andarono dalla polizia per denunciare lo stupratore, scoprirono che costui le aveva precedute, accusando la "moglie" di abbandono del tetto coniugale e di "gravi problemi mentali". Alla fine credettero a lei ma, appunto, le mancò il coraggio di andare fino in fondo e la storia fini lì. Vani tutti i tentativi di convincerla da parte degli inquirenti. Nel frattempo Anna ha ripreso in qualche modo a vivere ed è tornata con il suo primo fidanzato, Jamie, una cui foto durante la detenzione le dava la forza di resistere, l'unico al quale afferma di aver raccontato tutto.

Prima di dare adesso alle stampe il libro, dal contenuto peraltro tanto terrificante quanto assolutamente non verificabile.

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