Cronache

Il vero governo del presidente

Il vero governo del presidente

Quasi due ore di faccia a faccia prima di affidare a Giuseppe Conte l'incarico di formare quello che sarà, di fatto, una sorta di governo del presidente. L'espressione, va detto, si usa solitamente per definire un esecutivo di breve durata e con un programma molto limitato che sia emanazione diretta del Quirinale. Non è questo il caso, anche se lo schema insolito che si è seguito in questi 80 giorni che ci separano dal voto dello scorso 4 marzo ci sta nei fatti portando verso un esecutivo nel quale Sergio Mattarella ha e avrà un ruolo centrale.

Per due ordini di ragioni. In primo luogo perché ieri pomeriggio Conte è arrivato sul Colle in una posizione di estrema debolezza. Dovuta sia alla mancanza di un profilo adeguato al ruolo di presidente del Consiglio, tanto evidente che nei giorni scorsi il Quirinale non ha fatto mistero di aver chiesto a Luigi Di Maio e Matteo Salvini di proporgli un nome più solido.

Una debolezza accentuata dalla querelle sul curriculum «gonfiato», un caso fatto esplodere dal New York Times e ieri mattina sulle prime pagine di tutti i quotidiani italiani. Nonostante tutto questo e nonostante le forti perplessità che lo stesso Colle aveva veicolato sui media per giorni, ieri Mattarella ha deciso di sciogliere la riserva e convocare Conte per l'incarico.

Di fatto, facendosi in qualche modo garante non solo rispetto alla sua mancanza d'esperienza e all'approssimazione, per certi versi veniale, del curriculum ritoccato.

Ma pure della scelta tout court di affidare a un professore completamente a digiuno del funzionamento della macchina pubblica un incarico apicale tanto importante. Una decisione per certi versi obbligata dalla reiterata richiesta sia di Di Maio che di Salvini, ma per altri anche audace.

Soprattutto, sarà un governo del presidente perché il capo dello Stato sembra voler incidere in maniera decisa sulla nomina di alcuni ministri chiave, dall'Economia agli Esteri passando per la Difesa.

Una sua prerogativa, certo. Ma che assume un valore politicamente decisivo nel momento in cui Mattarella decide di benedire quello che nel panorama europeo è un unicum, cioè un governo sostenuto da due forze fortemente euroscettiche. Il presidente della Repubblica, infatti, si propone di fatto come il garante di questo esecutivo davanti all'Europa e ai partner internazionali - da Washington a Parigi, passando per Berlino e Bruxelles - che in queste settimane non hanno mancato di manifestare le proprie perplessità proprio al Quirinale. Di fatto, diventa quasi un soggetto politico della partita che si sta giocando in queste ore sulle varie caselle ministeriali e di quella che si giocherà nei prossimi mesi. Tanto che proprio dal Colle rivendicando con soddisfazione la prima parte dell'intervento di Conte, quello in cui conferma la «collocazione europea ed internazionale dell'Italia».

Così come al Quirinale vedono quel passaggio del premier incaricato come una vittoria di Mattarella, allo stesso modo sarà una sua sconfitta se all'Economia finirà per andare Paolo Savona, fortemente voluto sia da Di Maio che da Salvini e per nulla gradito al Colle per via delle sue posizioni fortemente euroscettiche.

Commenti