Economia

Ecco i piani di Marchionne per Fca

Dopo debito e Marelli, la Borsa guarda al polo Alfa-Maserati e alla svolta elettrica

Ecco i piani di Marchionne per Fca

Oltre 300 tra analisti e giornalisti da tutto il mondo ascolteranno domani mattina dall'ad di Fca, Sergio Marchionne, i programmi di sviluppo del gruppo automobilistico da qui al 2022. Con il top manager, che aprirà e chiuderà la giornata al Centro collaudi di Fca, a Balocco (Vercelli), parleranno alcuni membri del «Gec», sigla che riunisce le prime linee dell'azienda, tra cui il cfo Richard Palmer; il capo di Jeep e Ram, Mike Manley; e Tim Kuniskis, responsabile dei marchi Alfa Romeo e Maserati. I primi due, insieme ad Alfredo Altavilla, coo Emea, sono indicati come possibili successori nel 2019 a Marchionne.

Palmer a parte (si occupa di far quadrare i conti), Manley e Kuniskis sono i manager ai quali è stata affidata la guida dei brand sui quali Fca punterà nel futuro. Sul palco potrebbe anche salire Harald Wester, capo di ingegneria e piattaforme. Non è invece chiaro cosa accadrà al glorioso marchio Fiat che, a quasi 120 anni dalla fondazione, dovrebbe avere come portabandiera solo Panda e 500.

Chiuso il capitolo Punto (Melfi), per Panda e 500 (a Tychy, in Polonia, dove è realizzata, attendono il trasloco da Pomigliano d'Arco di Panda) si prospetterebbe lo sviluppo di due famiglie, tenuto già conto delle serie 500L (prodotta in Serbia) e 500X (nasce a Melfi).

Per questi due modelli, magari con qualche novità stilistica per quello serbo, saranno confermati i siti produttivi, considerando che 500X beneficia, a Melfi, della stessa piattaforma di Jeep Renegade?

Il destino di Fiat sembra essere quello di un marchio regionale (Europa e Brasile) con il ritiro da Usa e Cina. La stessa sorte, ma negli Stati Uniti, toccherebbe a Chrysler (gamma ridotta, ora, a Pacifica e 300) e Dodge (c'è chi ipotizza un ritorno della supercar Viper). A Balocco, inoltre, Marchionne dovrà fare chiarezza sui piani di elettrificazione delle gamme e sul destino del diesel, che dovrebbe essere via via abbandonato dal 2022, visti gli alti costi derivanti dalle norme per il controllo delle emissioni. Ma sarà soprattutto sul quartetto Jeep (il marchio più globale del gruppo vale il 70% dei profitti e la produzione è vista al raddoppio nel 2022 dalle attuali 1,4 milioni di unità), Ram (i pick-up vanno sempre forte negli Usa), Alfa Romeo e Maserati (polo premium per loro e successivo spin-off vengono messi in conto) che ruoterà la relazione dell'ad.

A preoccupare i sindacati è però la volontà, che dovrebbe essere confermata domani, di specializzare gli impianti italiani, orfani delle produzioni di Panda (soprattutto), Punto e Alfa Romeo MiTo, cioè dei veicoli «compatti», nel più redditizio segmento premium, con l'introduzione di nuovi Suv per Alfa Romeo e Maserati. Timori che crescono viste le intenzioni di Donald Trump di porre dazi fino al 25% sulle importazioni di veicoli negli Usa. Un modo per aggirare questo problema ci sarebbe: l'escamotage Ckd (Completely knocked down), cioè completando l'assemblaggio finale delle vetture nelle fabbriche Usa.

Decisione, però, che avrebbe ripercussioni sull'utilizzo della forza lavoro in Italia. Oppure, portando negli Usa le produzioni destinate a quel mercato di Biscione e Tridente. L'Italia, a quel punto, diventerebbe una sorta di polo premium europeo.

Dati per scontati l'annuncio dell'azzeramento del debito, che renderebbe Fca appetibile per eventuali vendite o fusioni, e i dettagli sullo scorporo di Magneti Marelli, l'attenzione ora è tutta incentrata sulla nuova gamma prodotti, sui tempi di produzione e sui piani di elettrificazione. C'è molto da recuperare rispetto ai concorrenti.

Il mercato è fiducioso: +4%, a 19 euro, le azioni Fca ieri a Milano.

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