Economia

Salvataggio Alitalia nel mirino europeo

British Airways si appella a Bruxelles: "Aiuti di Stato". Ma il governo replica: "Con Poste nessun protezionismo"

Salvataggio Alitalia nel mirino europeo

Accordo (con doppia incognita) sull'aumento di capitale Alitalia. Ieri l'assemblea dell'ex compagnia di bandiera italiana ha sdoganato l'intervento finanziario a supporto del gruppo e propedeutico all'ingresso di Poste Italiane nel capitale. Tuttavia, le nebbie sulla rotta della compagnia non si sono affatto diradate. In parte perché la riserva sulla partecipazione dei francesi all'aumento potrà essere davvero sciolta solo entro un mese, quando partirà in concreto la ricapitalizzazione da 300 milioni. E poi perché sul gruppo grava, da ieri, un' altra pesante incertezza: l'ipotesi che l'Europa blocchi l'operazione di salvataggio decisa dal governo tramite Poste Italiane.
«Ci aspettiamo che la Commissione europea intervenga per sospendere questo aiuto manifestamente illegale», ha dichiarato ieri Iag, la holding che controlla British Airways, Iberia e Vueling, sottolineando di essere «stati sempre contrari agli aiuti di Stato» e che questa scelta «mina la competizione e favorisce quelle compagnie aeree in fallimento che non sono al passo con la realtà economica».
Ma l'attacco internazionale alla compagnia non finisce qui. Ieri anche il Financial Times ha criticato il governo per l'operazione: «Il protezionismo industriale è tornato di moda a Roma», commenta il quotidiano finanziario citando anche i casi Telecom e Finmeccanica. L'Italia, scrive il quotidiano della City, ha bisogno di investimenti esteri per uscire dalla sua profonda crisi economica, ma i politici sono troppo presi dall'ammantarsi nella bandiera per rendersene conto.
Per tutta risposta, Bruxelles non si è fatta attendere, facendo sapere, con un comunicato ufficiale, che presto deciderà «se il piano di salvataggio di Alitalia sia conforme alle regole europee». Prima, ha spiegato, «è però necessario che la compagnia notifichi le misure di intervento» (e, dunque, l'effettivo coinvolgimento di Poste). E a poco sono servite le spiegazioni arrivate da Palazzo Chigi: «Non è protezionismo, ma il contrario, quella su Alitalia è un'operazione per arrivare a negoziare la fusione con un partner internazionale in condizione di spuntare risultati positivi». «Non siamo in presenza di aiuti di Stato né li volevamo» ha aggiunto il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi.
A conti fatti, i giochi sulla compagnia sono legati a doppio filo non tanto all'aumento di capitale, ma a come questo verrà costruito in base al valore che sarà attribuito ad Alitalia. Diversi soci vogliono, infatti, far riconoscere un certo valore alle azioni attuali. Secondo le stime di Credit Suisse, il peso dei titoli della compagnia potrà variare da zero a 150 milioni. «Il governo si starebbe orientando ad attribuire il valore massimo» spiega, seppur con cautela, una fonte vicina a Palazzo Chigi. Se così fosse, dopo l'aumento e contemplando anche la conversione del bond convertibile da 95 milioni, alle Poste spetterebbe una quota attorno al 13,7%.
Quanto ai francesi, i patti parasociali prevedono una maggioranza dell'80% per le scelte strategiche come nuove alleanze industriali o l'ingresso di nuovi azionisti. E attualmente il gruppo franco-olandese, con la sua quota del 25%, ha una sorta di diritto di veto. Se non dovesse partecipare all'aumento, questo verrebbe a decadere e quindi la sua uscita sarebbe segnata.

Senza Air France e con gli altri player che si sono sfilati, la compagnia non avrebbe altro destino che approdare nuovamente nelle mani di un commissario.

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