Controcultura

Grace Kelly ovvero se tutta la moda sta in un guardaroba

Abiti da sera, da passeggio, da cocktail, sportivi Il repertorio della principessa dell'eleganza

Grace Kelly ovvero se tutta la moda sta in un guardaroba

Mentre le aristocratiche contemporanee vestono commerciale, per illudere il popolo sulla loro idea di risparmio; oppure sfoggiano mise cafone, sebbene costose, una mostra celebra un vero guardaroba da principessa. È «Grace de Monaco, princesse en Dior» (fino al 17 novembre), inaugurata a Villa Les Rhumbs, a Granville, cittadina della Normandia meglio nota come «la Monaco del Nord». In occasione del 90º anniversario della nascita di Grace Kelly, icona d'un secolo meno ordinario del presente, si possono ammirare 85 modelli indossati dall'attrice, magnifici e rari, firmati da Christian Dior, la casa di moda preferita dal «Cigno». Ma non si tratta soltanto del vestiario d'una diva - abiti da sera e da passeggio, da cocktail e sportivi -, bensì d'una visione del mondo e della moda. Qualcosa di elegante e classico si configura, attraverso epoche e stili, a testimonianza di una classe intramontabile, che ha contribuito a rendere Grace un'icona.

Diventata Grace di Monaco nel 1956, «la ragazza coi guanti bianchi», come nel 1955 la soprannominò il Time per significarne l'impeccabilità, è entrata nell'immaginario collettivo come la star per eccellenza. Una diva senza eccessi, non incline al capriccio. Anche se, post mortem, le hanno attribuito ogni tipo di scorribanda sotto le lenzuola, a ribadire la sua fama di «ghiaccio bollente». Algida e bellissima, l'eroina di Hitchcock amava il giardinaggio: per questo molti dei suoi abiti sono perlopiù a fiori (come quello del suo fidanzamento col principe Grimaldi, al Waldorf-Astoria di New York) e raramente sexy in modo dichiarato. Le scollature generose, come quelle sfoggiate ne Il Cigno, mettevano in risalto spalle ampie, da girl americana abituata alla vita all'aria aperta, allo sport. Persino un certo vestito a pois in rete, di seta rosa, indossato per la prima volta a Cannes nel 1970, tutto sembra fuorché malandrino.

Curata da Gwénola Fouilleul e dalla storica Florence Müller, la mostra francese, che segue quella inglese del 2010, al Victoria&Albert Museum, riporta in luce un'idea precisa di grazia, che nulla ha a che vedere con l'ostentazione burina delle influencer in circolazione sul web. Gli abiti lunghi delle occasioni mondane, o i completi da picnic col Gatto, com'era chiamato il felpato ladro Cary Grant in Caccia al ladro, raccontano molto della principessa sottratta a Hollywood e morta il 14 settembre del 1982 in un incidente stradale. Proprio a una curva della D37, il «gomito del diavolo», che evocava la scena del film in cui lei guida una decappottabile, il foulard legato sui capelli biondi sempre a posto.

Il profondo legame della Kelly con il mondo del cinema verrà ribadito anche nel suo abito nuziale in pizzo, con velo lungo e ricami, disegnato nel 1956 dalla costumista hollywoodiana della MGM e premio Oscar Helen Rose. Non a caso Kate Middleton, per le sue nozze reali con William d'Inghilterra, si è ispirata a quell'abito. Peccato che poi gli occhi di tutti finissero incollati al fondoschiena sexy della sorella Pippa la quale, per la mondovisione, indossò una speciale guaina, utile a rialzare e rimpolpare il lato B. Mai una caduta di stile, invece, per la longilinea regina del bon ton con occhiali da gatta e giro di perle. Neanche nelle situazioni estreme descritte ne La finestra sul cortile di Hitchcock, dove lei, gonna ampia a righe e camicia annodata in vita, portava il necessario per la notte con James Stewart in un semplice beauty case. Eppure l'Oscar a Grace, immortalata da Andy Warhol, di Philadelphia come lei, arrivò con La ragazza di campagna (1954), come miglior attrice protagonista. Di campagnolo aveva nulla, la musa del «mago del brivido», che ha ispirato il primo successo del cantante Mika e un film di Olivier Dahan del 2014, con Nicole Kidman: a conferma dell'atemporalità della sua immagine.

Nella mostra a Granville sfilano poi foto d'archivio, lettere, riviste, disegni, video e oggetti appartenuti all'interprete di Alta società (anche qui, abiti di Helen Rose, tra le costumiste americane più note e collaboratrice di Liz Taylor, Lana Turner ed Esther Williams), per proporre una doppia visione. Quella del personaggio pubblico, sobrio e raffinato a ogni apparizione, e quella d'una donna moderna, in grado di cavarsela a Hollywood e a Palazzo. Dai balli ai viaggi ufficiali, passando per gli eventi artistici e le opere di beneficenza, emerge un'abilità nello scegliere la mise adatta a ogni momento, con un senso della scena ereditato dagli anni hollywoodiani. Chemisiers e tailleurs in tweed, o piume vaporose e ornamenti floreali non sono mai leziosi, su Grace Kelly. La quale diceva: «Di base, sono una femminista.

Penso che le donne possano fare tutto quello che decidono di fare».

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