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La legge che piace alla sinistra rende difficili le assunzioni

La Cgil ordina, Renzi obbedisce. Oggi la fiducia alla Camera sul decreto, ma le modifiche votate in Commissione complicano le norme sul lavoro. Altro che semplificazione promessa dal premier

La legge che piace alla sinistra rende difficili le assunzioni

Il titolo del decreto sul quale oggi il governo chiede il voto di fiducia è significativo: «disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese».
Il testo presentato dal governo si sviluppava sulle 6 pagine dell'atto Camera 2208. Il testo sul quale viene chiesta la fiducia, atto Camera 2208-A, occupa 9 pagine. Vale a dire che la commissione Lavoro di Montecitorio ha aggiunto il 50% di norme in più rispetto al testo originale.
Basta questo dato per comprendere come l'obbiettivo voluto dal decreto (cioè, la «semplificazione degli adempimenti») è destinato forse a finire in un vicolo.
Le modifiche apportate dalla commissione parlamentare puntano a rendere più farragginoso e burocratico il meccanismo di assunzione e ad introdurre ulteriori «paletti» alla creazione di nuova manodopera. Esattamente il contrario della filosofia di Matteo Renzi.
Qualche esempio. Il testo originario diceva che un imprenditore può assumere dipendenti con contratti a tempo, a patto che i neo assunti non superino il 20% «dell'organico complessivo». La commissione Lavoro ha voluto precisare che la quota resta sempre del 20%; ma devono essere considerati solo i dipendenti con contratto a tempo indeterminato.
Una differenza di non poco conto. Perché più avanti il testo prevede che qualora l'imprenditore abbia assunto «in violazione del limite percentuale», i neo assunti a contratto determinato sono da considerare automaticamente dipendenti a tempo indeterminato. Una ulteriore rigidità del mercato del lavoro che finirà per andare contro all'obbiettivo del titolo del decreto: «favorire il rilancio dell'occupazione».
Stesso discorso vale per le volte che un lavoratore può essere assunto a tempo determinato nell'arco di 3 anni; o meglio, di 36 mesi. Il testo del governo prevedeva che il numero massimo di volte poteva essere 8. La commissione Lavoro l'ha ridotto a 5. Così, il lavoratore con contratti a tempo invece di avere continuità tra un incarico ed un altro, dovrà per forza restare a casa un periodo di tempo.
Altre rigidità rispetto al testo originario intervengono nel lavoro della commissione Lavoro di Montecitorio per quanto riguarda gli apprendisti. Nel testo del governo si parlava esclusivamente che i datori di lavoro dovevano pagare anche la formazione professionale degli apprendisti «nella misura del 35% del relativo monte ore complessivo». Le modifiche introdotte dal Parlamento occupano quasi una pagina intera.
Innanzitutto, l'imprenditore con 30 dipendenti che assume apprendisti deve trasformare il loro contratto di lavoro a tempo indeterminato una volta completato il ciclo di apprendistato. Il monte ore dedicato alla formazione deve essere «di almeno» 35 ore. E viene introdotto un intero comma per precisare che se l'imprenditore non riceve dalla Regione in cui grava l'azienda, entro 45 giorni, «le modalità per usufruire dell'offerta formativa pubblica... il datore di lavoro non è tenuto ad integrare la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere con quella finalizzata all'acquisizione di competenze di base e trasversali». A proposito del titolo del decreto in materia di «semplificazioni degli adempimenti».
Daniele Capezzone (Fi) sintetizza gli interventi della commissione Lavoro con uno slogan: dal Jobs Act al Camusso Act. Cesare Damiano (Pd) respinge l'idea che sia stata la Cgil ad ispirare le modifiche al testo-base. «Purtroppo, in Italia - spiega l'ex ministro del Lavoro - non esiste solo un'ideologia di sinistra.

Ma anche (e non credo che questo lo scriverà) un'ideologia di destra».

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