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L'imbarazzo di Re Giorgio, spiazzato dalla Consulta

La Consulta dà torto al capo dello Stato che da tempo si batte contro le "invasioni di campo". Ora dovrà allontanare da Palazzo Chigi le vicende processuali del Cav

L'imbarazzo di Re Giorgio, spiazzato dalla Consulta

Roma - Commenti? «Zero». C'è davvero poca voglia sul Colle di dire qualcosa sulla sentenza della Consulta, «che comunque è irreversibile», e ancora di meno ce n'è di mettere piede nella tempesta politica che si è scatenata. Giorgio Napolitano, ovviamente, è preoccupato per le eventuali ricadute sul governo Letta e sulla stabilità italiana, proprio nel mezzo della devastante crisi economica che l'attraversa. E infatti la cosa principale che filtra dal Quirinale è «il vivo apprezzamento» del presidente per la composta reazione di Silvio Berlusconi. «Nonostante l'accanimento giudiziario - dice il Cavaliere - la decisione della Corte non avrà influenza nel sostegno leale al governo. Ho sempre messo al primo posto il bene del Paese». Ed è proprio quello che il capo dello Stato voleva sentire.

Rumors, boatos, voci. Nei palazzi romani il verdetto contro il Cav era da giorni dato per scontato e anche sul Colle avevano fiutato l'aria, chiedendo a tutti di non caricare la sentenza di «improprie aspettative». Una cosa è il giudizio «tecnico» dall'Alta Corte, un'altra l'esito processuale. Ma, a bocce ferme, tutto ciò non attenua «l'irritazione» di Napolitano per la decisione della Consulta. E se Re Giorgio ufficialmente non può dire nulla, coma la pensi sull'argomento è abbastanza noto a tutti. Basta rileggersi l'intervento pronunciato solo qualche giorno fa, quando ha ricevuto al Quirinale i giovani magistrati tirocinanti e li aveva invitati a perseguire non solo «l'indipendenza e l'imparzialità», ma anche «l'equilibrio».

Guai quindi a sconfinare, a fare i protagonisti, a non considerare «il contesto di tensioni e difficoltà sul piano politico e istituzionale», dell'Italia di oggi. Tanto per essere più chiari: «Occorre che ogni singolo magistrato sia pienamente consapevole della portata degli effetti, talora assai rilevanti, che un suo atto può produrre anche al di là delle parti processuali». E questo vale in particolare «dinanzi alle criticità che oggi presentano le istituzioni rappresentative nei confronti dei cittadini e gli elettori». Insomma, la Consulta era stata ben avvisata.

Da qui la contrarietà del capo dello Stato per quell'undici a quattro in camera di consiglio. Dal suo punto di vista, i motivi di insoddisfazione sono principalmente tre. Primo: alla sentenza era stata legata l'impalcatura che regge le larghe intese e quindi, nonostante la linea soft di Berlusconi, il rischio a medio termine per il governo rimane. Secondo: il garantista Napolitano da tempo si batte contro le «invasioni di campo» e per, come ha detto più volte, «un corretto e rispettoso rapporto tra politica e magistratura». Terzo: la Corte Costituzionale ha di fatto dato torto al presidente, eppure tutti nel Pdl pensano che la Consulta sia un'emanazione del Quirinale.
Ora occhio alla Cassazione.

Nel frattempo Napolitano farà la sua parte per allontanare l'attività di Palazzo Chigi dalle vicende processuali del Cav, azionista di riferimento del governo.

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