L'imbarazzo di Re Giorgio, spiazzato dalla Consulta
20 Giugno 2013 - 12:09La Consulta dà torto al capo dello Stato che da tempo si batte contro le "invasioni di campo". Ora dovrà allontanare da Palazzo Chigi le vicende processuali del Cav
Roma - Commenti? «Zero». C'è davvero poca voglia sul Colle di dire qualcosa sulla sentenza della Consulta, «che comunque è irreversibile», e ancora di meno ce n'è di mettere piede nella tempesta politica che si è scatenata. Giorgio Napolitano, ovviamente, è preoccupato per le eventuali ricadute sul governo Letta e sulla stabilità italiana, proprio nel mezzo della devastante crisi economica che l'attraversa. E infatti la cosa principale che filtra dal Quirinale è «il vivo apprezzamento» del presidente per la composta reazione di Silvio Berlusconi. «Nonostante l'accanimento giudiziario - dice il Cavaliere - la decisione della Corte non avrà influenza nel sostegno leale al governo. Ho sempre messo al primo posto il bene del Paese». Ed è proprio quello che il capo dello Stato voleva sentire.
Rumors, boatos, voci. Nei palazzi romani il verdetto contro il Cav era da giorni dato per scontato e anche sul Colle avevano fiutato l'aria, chiedendo a tutti di non caricare la sentenza di «improprie aspettative». Una cosa è il giudizio «tecnico» dall'Alta Corte, un'altra l'esito processuale. Ma, a bocce ferme, tutto ciò non attenua «l'irritazione» di Napolitano per la decisione della Consulta. E se Re Giorgio ufficialmente non può dire nulla, coma la pensi sull'argomento è abbastanza noto a tutti. Basta rileggersi l'intervento pronunciato solo qualche giorno fa, quando ha ricevuto al Quirinale i giovani magistrati tirocinanti e li aveva invitati a perseguire non solo «l'indipendenza e l'imparzialità», ma anche «l'equilibrio».
Guai quindi a sconfinare, a fare i protagonisti, a non considerare «il contesto di tensioni e difficoltà sul piano politico e istituzionale», dell'Italia di oggi. Tanto per essere più chiari: «Occorre che ogni singolo magistrato sia pienamente consapevole della portata degli effetti, talora assai rilevanti, che un suo atto può produrre anche al di là delle parti processuali». E questo vale in particolare «dinanzi alle criticità che oggi presentano le istituzioni rappresentative nei confronti dei cittadini e gli elettori». Insomma, la Consulta era stata ben avvisata.
Da qui la contrarietà del capo dello Stato per quell'undici a quattro in camera di consiglio. Dal suo punto di vista, i motivi di insoddisfazione sono principalmente tre. Primo: alla sentenza era stata legata l'impalcatura che regge le larghe intese e quindi, nonostante la linea soft di Berlusconi, il rischio a medio termine per il governo rimane. Secondo: il garantista Napolitano da tempo si batte contro le «invasioni di campo» e per, come ha detto più volte, «un corretto e rispettoso rapporto tra politica e magistratura». Terzo: la Corte Costituzionale ha di fatto dato torto al presidente, eppure tutti nel Pdl pensano che la Consulta sia un'emanazione del Quirinale.
Ora occhio alla Cassazione.
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