Controcultura

"Italia's Got" nostalgia più che "talent"

"Italia's Got" nostalgia più che "talent"

Un po' come X Factor, anche Italia's Got Talent vorrebbe offrire uno spaccato sociologico del nostro Paese. Paese di creativi a 360 gradi perché in fondo il mestiere del talento non ha un albo professionale, quindi chiunque vi può accedere senza particolari qualità certificate. Si canta e si balla, ridere o commuoversi, stupire e invitare alla riflessione: ecco i dilettanti (e non i professionisti), gli artigiani (e non gli artisti) dell'Italia di oggi. Sono passati quasi vent'anni dal Duemila, eppure questo genere di spettacolo che misura l'abilità con criteri piuttosto desueti (come se in una mostra d'arte non ci fossero le espressioni concettuali, decisamente un paradosso) ancora funziona: Italia's Got Talent è giunto alla nona edizione, esempio di longevità tra i talent, conclusosi venerdì sera con la diretta in contemporanea su Sky, Tv8 e Cielo.

Talent che, va detto, dopo essere stati quel fenomeno dirompente che sappiamo, oggi premiano soprattutto un pubblico tradizionale (infatti gli ospiti della serata sono stati Pupo e Gigi Proietti, roba da nonne), affezionato ai vecchi concorsi canori o a programmi come La corrida di cui sono figli illegittimi. Date le premesse, quali sarebbero dunque i creativi italiani di oggi? Intanto arrivano più dalla provincia che dalla grande città: abruzzese è il pianista Antonio Sorgentone, il neovincitore che ha contaminato la musica tradizionale sarda con il rock and roll, umbro il mago Andrea Paris (look «trasgressivo» a parte, uno dei tanti prestigiatori che mi annoiano a morte), sardo - nomen omen - il comico muto Nicola Virdis, tra Mr. Bean e il cabaret nostrano dei Gufi. Quanto ai temi, l'attualità passa di sottecchi nell'esibizione poetica (non male, peraltro) di Simone Savorgin, nella coreografia del Coro Divertimento Vocale dedicata un po' retoricamente all'Africa, le solite diatribe nel rapporto genitori-figli nel monologo comico (?) di Aurora Leone. Quest'ultima è una ragazzina di 19 anni, ma la maggior parte dei finalisti non è giovanissima. Ci viene allora il dubbio: e se la creatività fosse l'ultima spiaggia?

Benevoli, fin troppo, i giudici con questi simpatici ma ben poco incisivi dilettanti, con Mara Maionchi traghettata da X Factor, qui persino materna e comprensiva. A Claudio Bisio piacciono le poche cose dai risvolti impegnati, Frank Matano si sdilinquisce nei complimenti a un duo di danzatori che non vanno al di là di una prestazione da saggio scolastico, Federica Pellegrini non ha un grande eloquio, come la presentatrice Ludovica Comello (in 15 minuti avrà ripetuto tre volte l'espressione «rompere il ghiaccio») e le va sempre bene tutto.

Un programma che scivola via senza particolari scossoni né sorprese.

Una formula che prende la sufficienza, ma per i nostri concorrenti difficilmente si apriranno le porte della celebrità e, nonostante tanto musical, Saranno famosi rimarrà un sogno.

Commenti